COMUNITÀ ENERGETICHE E POVERTÀ ENERGETICA: LA DEMOCRATIZZAZIONE DELL’ENERGIA

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Michele Emiliano, Presidente Regione Puglia; Fabrizio Iaccarino, Responsabile Sostenibilità e Affari Istituzionali Enel Italia; S.E. Mons. Filippo Santoro, Arcivescovo Emerito di Taranto, Delegato Speciale del Santo Padre per i Memores Domini; Mario Antonio Scino, Capo di Gabinetto Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Modera Giuliano Frosini, Docente Luiss Business School.

In questo incontro è a tema il ruolo delle comunità energetiche nella promozione dell’accesso equo all’energia e nella lotta alla povertà energetica. Verranno condivise conoscenze e prospettive sulle comunità energetiche come strumento per democratizzare l’energia, favorendo la partecipazione attiva dei cittadini e la produzione decentralizzata di energia rinnovabile. Inoltre, verrà affrontata la questione della povertà energetica esplorando soluzioni innovative per garantire l’accesso all’energia a tutti, con un’attenzione particolare alla sostenibilità e alla giustizia sociale: l’obbiettivo è quello di raggiungere un sistema energetico più equo, inclusivo e sostenibile.

Con il sostegno di isybank, Enel, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Regione Puglia e Italian Exhibition Group.

COMUNITÀ ENERGETICHE E POVERTÀ ENERGETICA: LA DEMOCRATIZZAZIONE DELL’ENERGIA

COMUNITÀ ENERGETICHE E POVERTÀ ENERGETICA: LA DEMOCRATIZZAZIONE DELL’ENERGIA

 

Domenica, 20 agosto 2023 17.00

Sala Conai A2

 

Partecipano

Michele Emiliano, Presidente Regione Puglia; Fabrizio Iaccarino, Responsabile Sostenibilità e Affari Istituzionali Enel Italia; S.E. Mons. Filippo Santoro, Arcivescovo Emerito di Taranto, Delegato Speciale del Santo Padre per i Memores Domini; Mario Antonio Scino, Capo di Gabinetto Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

 

Modera

Giuliano Frosini, Docente Luiss Business School.

 

Frosini. Buonasera a tutti, benvenuti a questo incontro sulle comunità energetiche rinnovabili. Mi chiamo Giuliano Frosini, cercherò di accompagnarvi e di introdurvi in questo percorso insieme ai nostri ospiti che vorrei presentarvi: Monsignor Filippo Santoro, Vescovo, Arcivescovo emerito di Taranto, il Presidente Emiliano della Regione Puglia e il dottor Fabrizio Iaccarino, che ha la responsabilità in Enel delle relazioni istituzionali e della sostenibilità ed il consigliere Antonio Scino, che è il capo di gabinetto del ministro Pichetto Fratin, del famoso Mase, così come recentemente rinominato il Ministero dell’Ambiente. Oggi ci occupiamo di un tema che ha molto a che vedere con il tema del Meeting, perché scomoda un poi questi concetti particolarmente cari che riguardano in qualche modo la fiducia e quindi tutto sommato l’amicizia. Parliamo di un recente strumento offerto dalla regolazione della normativa che sono le comunità energetiche rinnovabili. Tutti sappiamo che il mercato energetico sta vivendo un momento di crisi. Sappiamo altresì però che non è più procrastinabile la risposta che va data alla emergenza climatica; quindi, bisogna mettere in campo scelte e soluzioni che permettano di rispondere da subito a entrambe queste emergenze, a entrambe queste esigenze. Quando parliamo di questo argomento, tra addetti ai lavori, anche se ormai ma si parla di energia anche in modo abbastanza diffuso. Se ne parla al bar, addirittura – un tempo si parlava di materie più leggere – oggi si parla anche di energia, si parla delle famose tre D che riguardano il campo energetico, cioè la decentralizzazione, la decarbonizzazione e la digitalizzazione. Questo probabilmente vi sarà capitato di sentirne parlare. In effetti, nel percorso che ci ha portato a questo incontro, anche con il resto del gruppo energia che si occupa per il Meeting di queste materie, abbiamo poi ipotizzato che oggi dobbiamo parlare anche di una quarta D, quella cosiddetta della democratizzazione dell’energia. Ed in questo senso è nato questo titolo. Il principio fondamentale di queste CER (Comunità Energetiche Rinnovabili) è valorizzare la decentralizzazione della produzione di energia, grazie soprattutto allo sviluppo e al diffondersi delle fonti energetiche rinnovabili. Quindi, siamo qui, insieme ai nostri ospiti, per cercare di rispondere alla domanda se esiste un modello locale di produzione e condivisione dell’energia che permetta di ridurre i costi energetici di imprese e famiglie e al contempo rappresenti un’opportunità per rappresentare la crisi del cambiamento climatico. Io inizierei con uno stimolo a Monsignor Santoro perché si è discusso di questi di questi argomenti anche nell’ambito della 49° settimana sociale dei cattolici a Taranto “Il pianeta che speriamo”. Monsignore, lei che cosa pensa dello sforzo che si sta facendo anche sotto il profilo regolatorio e che cosa pensa dal punto di vista sociale? Che impatti potremmo avere in questo prossimo futuro grazie a queste introduzioni innovative?

 

Santoro. Grazie Giuliano. Innanzitutto, sono molto contento di partecipare a questa tavola rotonda col Presidente Emiliano e poi gli altri illustri relatori, con tutti voi con questo tema che l’esistenza è proprio un’amicizia inesauribile. Allora, ma qual è la fonte vera dell’energia? Ma pensate, un’energia vera, è un’energia inesauribile. E anche noi dobbiamo attingere da questa fonte inesauribile. Sennò da dove le pigliamo le risorse? E nell’atto creativo del Signore c’è questa energia che viene e che c’ha uno strumento che è un’amicizia. Io parto proprio dalla richiesta: democratizzazione dell’energia. I miei saranno punti fondamentali – non nel livello strettamente tecnico – che indicano l’opportunità di un cammino di questo tipo. Innanzitutto, voglio mettere in evidenza qual è il compito della Chiesa. La Conferenza episcopale italiana ha costituito un tavolo costante di lavoro per favorire in tutte le diocesi e in tutte le parrocchie la costituzione di comunità energetiche rinnovabili. Pensate, questa è stata la proposta fatta dalla quarantanovesima settimana sociale dei cattolici italiani che si è tenuta a Taranto. Per informazioni, oltre il livello nazionale della CEI, in ogni regione c’è una commissione per i problemi sociali, del lavoro delle Conferenze episcopali locali e in ogni diocesi c’è un comitato, in ogni realtà c’è un comitato organizzatore. Nella mia realtà di Taranto, adesso sono arcivescovo emerito, però ho messo su un Vicariato per la difesa dell’ambiente, per la difesa del bene comune. Quindi, questa cascata che nasce dalla base poi va fino al vertice e che si comunica, tocca proprio ogni punto di riferimento per la nostra casa comune. Vedete qui nella prossima slide, la ricchezza dei contenuti dell’ultima settimana sociale di Taranto, la quarantanovesima. E si è tenuta proprio sul tema: il pianeta che speriamo, siamo stati discreti, qualcuno diceva, il pianeta che vogliamo, certamente lo vogliamo, ma speriamo che le condizioni si realizzino. Ecco, questa è stata la celebrazione (una collaborazione straordinaria). Questa è la cattedrale di Gio Ponti, una delle 50 opere più belle di architettura religiosa del mondo fatto dall’architetto Gio Ponti qui a Taranto, la con-cattedrale. Vedete tutte quelle formelle Gio Ponti: dice in quelle formelle lì non c’è il campanile, ma c’è quella vela, su quella vela si depositano gli angeli, siedono gli angeli, mentre il vento dello spirito, ci sospinge. La settimana sociale è stata anche un’opportunità per cambiare la narrazione di Taranto perché, quando si parlava di Taranto si parlava di Ilva e pressappoco finiva lì e moriva lì il discorso. Invece, col presidente Emiliano, con il sindaco, con le altre autorità, con la società civile proprio il tema energetico è stato un punto di riferimento e siamo arrivati alla conclusione con quattro piste di lavoro proposte a tutti. Il punto di riferimento è la Laudato si di Papa Francesco, ma vedete alla fine normalmente dei convegni si fanno dei discorsi, delle affermazioni teoriche. Qui l’impostazione è quella della Laudato sì, ma ci sono state quattro proposte precise, molto concrete. La prima è la costituzione di comunità energetiche in tutte le nostre parrocchie di Italia, ma pensate un po’: come avvalersi delle fonti rinnovabili di produzione dell’energia limitando le emissioni nocive in atmosfera, producendo un risparmio in termini economici. Sappiamo che abbiamo bisogno di circa 7 Gigawatt di nuova produzione di fonti rinnovabili, se vogliamo raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero nel 2050. In Italia ci sono 25.610 parrocchie. Se si costituisse almeno una comunità energetica che produce al massimo possibile 200 kilowatt o facendo nascere più comunità, che arrivano complessivamente a quella produzione, noi possiamo arrivare ad a diminuire l’emissione del 2% di CO2 nel 2030 e possiamo arrivare ad eliminare totalmente le emissioni nel 2050. Quindi la Chiesa italiana si è messa in cammino per investire nelle nostre parrocchie. Certo, non in tutte le parrocchie si possono fare, si possono fare con lo schema dei pannelli o di altro, c’è da studiare – poi ci sono tutti i decreti attuativi del governo che vanno rispettati – però pensate che grande progresso si riuscirebbe a fare. Quindi avremmo così dato il contributo di 5,2 Gigawatt di nuova produzione con fonti rinnovabili, insieme con la costituzione di comunità energetiche. La prima proposta finale è stata la costituzione di comunità energetiche. La seconda è stata un intervento di investimenti carbon free, cioè la promozione di investimenti finanziari responsabili non legati allo sfruttamento delle fonti fossili se tutte le diocesi e le parrocchie investissero non in fonti inquinabili. Terzo: utilizzare la filiera alimentare, caporalato free, che non sia soggetto allo sfruttamento del sangue dei poveri e dei lavoratori nei prodotti della terra. E poi quarta: l’alleanza intergenerazionale, perché a Taranto c’è stata una partecipazione di 1/3 di giovani presenti – abbiamo fatto questa composizione – poi 1/3 di religiosi tra vescovi, 90 vescovi, diaconi, sacerdoti (erano 1000 persone) e 1/3 di donne. Abbiamo favorito questa composizione di proposito per un cammino. In queste piste di impegno si andava da proposte di tipo di catechesi, cioè che il rispetto della casa comune entrasse nella predicazione nell’annuncio del Vangelo, perché tutta la liturgia è una celebrazione della gloria del Signore che risplende nel creato che noi abbiamo deturpato. E poi anche proposte di cittadinanza attiva: su questo c’è un fondamento solido da parte del magistero, già San Giovanni Paolo secondo diceva: “Egli è venuto a salvare non solo tutti gli uomini, ma anche tutto l’uomo. Una salvezza che ci prende per intero, una salvezza, per cui il modo di vivere, di agire diventa realizzatore della pienezza della nostra vita in un rapporto sano con gli altri e con la casa comune”. Benedetto XVI nella Caritas in veritate, dice “La Chiesa non ha soluzioni tecniche da proporre – anche qui sulle fonti rinnovabili, io non entrerò in questioni tecniche che i miei collaboratori in questa tavola… -, non pretende minimamente intromettersi nella politica degli Stati, ha però una missione di verità da compiere – diceva Papa Benedetto – in ogni tempo e l’evenienza per una società a misura dell’uomo, della sua dignità presente, la dignità della persona umana e della sua vocazione di essere colui che custodisce e coltiva la terra e non la depreda e la distrugge”. Don Giussani ci diceva in Perché la Chiesa, “L’obiettivo non è quello di sostituirsi allo sforzo dell’uomo di trasformare la realtà, ma di indicare la prospettiva giusta in cui muoversi. La difesa dell’uomo in un giusto rapporto con il senso della vita, la dipendenza dal Mistero, il rapporto col Mistero costitutivo della realtà e il rapporto con gli altri, la concezione umana della vita che la Chiesa propone è quella di una tensione come vigilanza, simile a quella di una sentinella, che sugli spalti bada al minimo rumore o secondo l’immagine del pellegrino, come un cammino verso la meta” – vedete la scalata, la vita come tensione nella difesa di punti di riferimento. Sempre Giussani in “Perché la Chiesa”: “La religiosità autentica che Gesù ha portato nella storia umana e che la Chiesa continua a proporci è profondamente incidente sulla storia” – non ha soluzioni tecniche, ma una tensione a cambiare la realtà, come l’incontro che il Signore faceva, cambiava la realtà, a cominciare dalle persone, terminando anche nell’ambiente e nel contesto – “Per essa il soggetto umano è posto di fronte ai problemi, in un atteggiamento adeguato alla sua umanità e al suo destino”. I problemi vanno affrontati con attenzione alla dignità umana e al destino che abbiamo. Ancora don Giussani, Perché la Chiesa, pagina 214, “E in ciò è chiamato ad applicare la sua libertà, il suo lavoro. Nella coscienza che il suo cammino e tentativo – e correggibile – e che la sua libertà è fragile, bisognosa di perdono e che con questo è sempre in ripresa”. Abbiamo imparato che la nostra vita non è mai soddisfatta. Siamo in un cammino continuo per cui c’è questa proposta delle comunità energetiche e quindi ci lanciamo in questo cammino proprio perché la vita è una tensione costante, un’amicizia straordinaria che ci sospinge. E poi vediamo un po’ le fonti. Il sole e il vento che San Francesco d’Assisi chiama fratello sole e fratello vento, per dirla con lui, il suo cantico delle creature, sole e vento offrono tanta energia naturale che facciamo fatica a pensare che siano solo delle alternative. Non sono le alternative, sono costitutive, sole e vento. Le maree, per esempio, l’energia geotermica, le biomasse, le centrali idroelettriche (non scendo nel dettaglio). Una teologia del creato che non resti puramente metafisica, che voglia incidere: qui stiamo a Taranto piantando degli alberi dove la terra è stata inquinata e distrutta, attraverso la piantumazione di alberi fatta con il Comune costruiamo un punto di riferimento nuovo. Incidere in positivo nella vita degli uomini, delle donne del nostro tempo. Guarda le esigenze di un progresso che non deve arrestarsi, ma che evidentemente non può continuare a proporre un modello in cui la norma sia quella di deteriorare, consumare e portare all’esaurimento le risorse che sono a disposizione. Papa Francesco nella Laudato si’ ci parla dei criteri di sostenibilità e dice una cosa importantissima: “La sostenibilità non è solo ambientale, ma anche economica, sociale e culturale, con l’idea di proporre un modo socialmente ed economicamente vantaggioso di stare insieme”, la sostenibilità della vita comune è la sostenibilità del bene comune che abbraccia le persone e la casa comune: questa è l’ecologia integrale. E poi lo sforzo della Chiesa: allargare questa capacità produttiva, la produzione ne guadagna quando si tengono presenti tutti i fattori – questo è il criterio fondamentale, un’attenzione a tutti i fattori – uno, procedere verso l’obiettivo di giungere nel 2050 a emissioni nette zero. E questo l’ho spiegato prima. Due, ridurre la nostra dipendenza da gas e da petrolio. Terzo, mitigare anche l’effetto delle impennate dei prezzi del gas e del petrolio sul costo totale dell’energia consumata. Sono tutti punti che i nostri amici ci aiuteranno a declinare anche più profondamente. Dico quindi che c’è una dimensione culturale, economica e sociale. Dal senso religioso nasce una tensione che abbraccia questi aspetti della cultura, dell’economia e del sociale. Come? Attraverso la condivisione della produzione, l’uso delle risorse, la riduzione dei costi, perché sia possibile la crescita del noi, le comunità energetiche sono in questa prospettiva. La Chiesa italiana con questa operazione è attenta al richiamo di Cristo che la vuole primo, costruttore di comunità, con il suo impegno nella facilitazione delle relazioni. L’inizio, tutto il tema di questo Meeting è la l’amicizia, le relazioni nuove, perché l’uomo non è fatto per vivere da solo, per costruire relazioni nuove, significative, con questa amicizia che è come l’energia, che si compie. E se uno poi ha le pile vuote come fa? C’è una fonte che ci alimenta, c’è un sostegno che ci manda avanti e questo raggiunge anche la realtà. Poi ancora, costruire comunità. Due, attenti alla valorizzazione di tutto ciò che il creatore ha messo a nostra disposizione. Valorizzare le risorse della natura, valorizzare le risorse della persona, non è una riduzione delle risorse della persona, delle caratteristiche della persona, ma come esse entrano in dialogo, in colloquio tra di loro e come sono fatte per il bene comune. Terzo, capace di privilegiare nell’agire concreto i più bisognosi sin dall’inizio. Beati i poveri, proprio perché, se la nostra ricchezza è un altro, lo sguardo all’altro è uno sguardo di promozione e di costruzione. Perciò, per dire, dovunque sono nate opere sociali, dico solo a Taranto un centro notturno di accoglienza per senzatetto, proprio nato in un edificio artistico del ‘700. Chi viene lì dice: ma questo che cos’è? Un bed and breakfast? Dico no, è la casa dei poveri. Per cui è essenziale questa attenzione. La Chiesa è attenta a ciò che accade nella nostra sorella madre terra e si accorge che non c’è più tempo, non si può più tergiversare. La prossima slide mette due parole greche insieme: il kronos, lo scorrere del tempo; e un’altra parola, vedete che è il suo fluire naturale, il kairos: è quando nello scorrere del tempo accade la sorpresa, accade la novità, accade un cambiamento, una luce. E quindi il kairos, che questo Meeting, il kairos, che sono questi amici qui. E quindi le comunità energetiche sono questo kairos. Senza disprezzare il kronos, però, la caratteristica fondamentale di queste comunità energetiche è che, oltre ad essere iniziativa delle pubbliche amministrazioni e di enti dedicati allo sviluppo dell’energia, sono anche realtà promosse dal basso, genera comunità, comunità che intervengono in questo lavoro per opera della società civile, e poi ancora di associazioni del terzo settore, della Chiesa, di imprese. L’opera che nasce dal basso, perciò si parla di comunità energetiche rinnovabili solidali, attente alle persone più fragili – l’attenzione, appunto. Quando la cooperazione genera vantaggi evidenti, allora ci sono più possibilità che in quel territorio non riesca a trovare spazio ciò che danneggia un ambiente vitale. Costruire un ambiente vitale. E infine, possiamo dire che le comunità energetiche sono un bene-stimolo prezioso perché l’investimento economico iniziale con l’acquisto, l’installazione, ad esempio, di pannelli solari o piccole pale eoliche è già il frutto delle relazioni, non un puro intervento tecnico. Tutta la questione delle comunità energetiche non è solo un puro intervento tecnico, è un intervento di tipo sociale, relazionale, un nuovo tipo di rapporto tra di noi che ci fa interessare anche di questo, è il frutto delle relazioni delle interlocuzioni che hanno creato legami utili alla costruzione di comunità sane. Le comunità energetiche sono il simbolo e un punto decisivo del futuro che vogliamo. Ed è proprio l’ultima slide una bella comunità energetica presso la Basilica di San Pietro, grazie.

 

Frosini. Grazie Monsignor Santoro. In effetti, voglio darvi due notizie. La prima: è che ha proprio ragione Monsignor Filippo Santoro, non è un caso isolato: Foligno, Bologna, Cremona e Brindisi stanno andando in questa direzione. La seconda è che Monsignore ha fatto bene i conti: 5,2 gigawatt. Noi siamo abituati a ragionare con quello che abbiamo a casa, chi ha 3 kilowatt, alcuni ne hanno 4,5, già è una forma di grande trasgressione. Un gigawatt è due ordini di grandezza in più, quindi kilowatt, megawatt gigawatt. Quindi effettivamente, se le migliaia di parrocchie che abbiamo nel nostro paese potessero montare pannelli (perché no, pale eoliche, anche se questo è più complicato), sarebbe sicuramente una cosa interessante. Poi ci sono le problematiche chiaramente tipiche del processo amministrativo, ma di questo ne parleremo, avendo la fortuna di avere Antonio Scino e Fabrizio Vaccarino. Adesso mi predispongo a chiedere una cosa al Presidente Emiliano e anche di avere a una tirata d’orecchie perché non sono sicuro di pronunciare bene quello che lei ha fatto in modo straordinario, Presidente, penso alla comunità di Bìccari o Biccàri. Come si pronuncia?

 

Emiliano. Bìccari.

 

Frosini. E il Presidente, se potesse godere della possibilità di salire su un podio per il premio tra i Presidenti di regione che hanno fatto più in fretta a godere di queste iniziative, a cominciare a metterle in pista, ne sarebbe sicuramente tra i premiati, perché la Regione Puglia è stata tra le prime a sperimentare queste comunità. Io pensavo a Bìccari, l’ho pronunciata anche bene, quindi sono contentissimo e chiedo al Presidente un po’ sulla base di questa esperienza, come si è sviluppato il suo pensiero, ovviamente più laterale su tutto l’argomento.

 

Emiliano. Buonasera a tutti e a tutte. E grazie per questa opportunità. Ovviamente con il vescovo di Taranto dotato di questa determinazione e di questa attività, noi dove dovevamo andare? Ci dovevamo sbrigare, basta. Nel senso che abbiamo – anche perché io e don Filippo – come normalmente lo chiamo -, abbiamo vissuto e vivremo anche in seguito tutta la vicenda legata all’ex Ilva di Taranto; quindi, abbiamo in qualche modo costruito un codice di comunicazione molto rapido che ci consente di andare direttamente al cuore delle questioni. Quindi, sin dal 2019, sostanzialmente, la Regione Puglia ha fatto una legge sulle comunità energetiche. Questa legge è stata così forte dal punto di vista del kairos, che ha ispirato immediatamente diversi luoghi (uno di questi è Biccari, ma c’è anche Santeramo in Colle e Roseto Valfortore), che sono in qualche modo partite in questa direzione, devo dire ancora senza un vero e proprio supporto da parte della regione, quello previsto dalla legge del 2019, perché ovviamente la procedura – diceva prima il capo di gabinetto del ministro Pichetto Fratin che la notifica di queste questioni all’Unione europea è complessa e quindi noi, nonostante la Puglia abbia già stanziato 14 milioni di euro per sostenere la creazione delle comunità energetiche, ovviamente il processo è ancora bloccato. Quello che è accaduto in Puglia, è accaduto non per merito mio o della mia amministrazione, ma per merito di quei cittadini che applicando la logica che era la base della legge si sono dati da fare e sono già partiti perché in teoria nulla impedisce attualmente, se non la mancanza di qualche decreto attuativo, e probabilmente anche della individuazione di una scala produttiva giusta perché l’idea che tutte le parrocchie producano energia elettrica va benissimo, ma non vorrei poi essere nei panni dell’ENEL o degli altri gestori che devono raccogliere il surplus energetico che non viene utilizzato e che devono avere dei riferimenti nelle comunità energetiche che vanno tarati in modo interessante e preciso. Qui eravamo partiti addirittura che le comunità energetiche dovevano produrre un quarto di megawatt, poi la Conferenza delle Regioni ha detto: “Guardate, ci pare un po’ complicato gestire, non è come accendere un condizionatore, è un po’ più complessa la questione”. Quindi siamo arrivati a un megawatt. Ma in realtà probabilmente la scala giusta potrebbe essere quella di 5 megawatt, quella sulla quale la Conferenza delle Regioni ha fortemente premuto per dare una razionalità a questo intervento che devo dire è molto interessante, soprattutto per alcune regioni. Perché la Puglia è anche, purtroppo sono costretto a dirle queste cose perché non è facile portare queste informazioni fuori -, ma se escludiamo l’idroelettrico sul quale onestamente non siamo competitivi, abbiamo per converso l’acquedotto più grande d’Europa perché l’acqua la dobbiamo andare a prendere dall’altra parte delle montagne perché noi purtroppo non ne abbiamo. Quindi sull’ idroelettrico non ci siamo, però per fotovoltaico ed eolico siamo la prima regione italiana come capacità produttiva, di gran lunga. Questo sforzo che dura da tempo, per esempio, ci può dare un’occasione imperdibile con il cosiddetto repowering, cioè la ristrutturazione tecnologica di questo patrimonio che potrebbe curare meglio, diciamo così, la tutela del paesaggio e dall’altra parte, però, ammodernare gli impianti in modo tale da svilupparli dal punto di vista della capacità produttiva. E anche qui siamo intervenuti con una norma che ha fortemente semplificato tutte le procedure di repowering. Noi diciamo che abbiamo seguito questo concetto di “energia a chilometro zero”, cioè cercare di produrla dove serve. E come vedete in alto a sinistra (della slide) “reddito energetico regionale”. E’ un’altra legge importantissima, questa volta destinata alle famiglie, che diciamo, reagisce contro la cosiddetta povertà energetica. La Regione Puglia ha messo a disposizione qualche milione di euro – potremmo fare molto di più con l’aiuto del governo – consentendo alle famiglie a basso reddito di installare presso la propria abitazione degli impianti di produzione di energia, di immettere il surplus nella rete e con quello che si riesce, tra virgolette, a guadagnare dal surplus, rialimentare il Fondo, quindi, è una sorta di misura finanziaria. La stessa cosa abbiamo fatto con un provvedimento per l’efficientamento energetico degli edifici pubblici. Già, vedete, ci sono i pezzi della comunità energetica che cominciano a nascere le famiglie, gli edifici pubblici, si aggiungono le parrocchie e si devono aggiungere anche le imprese, sia le piccole che le medie, ma perché no, anche le grandi. Ora c’è da chiedersi e ci risponderà sicuramente l’ENEL: “Vabbè, poi l’ENEL che fa?” Cioè noi ci mettiamo a produrre energia da noi, un po’ come se fossero orecchiette – vi invito a consumarle, quelle originali e quelle buone che si fanno in casa -: è chiaro che se noi cominciamo a mangiare tutti orecchiette fatte in casa, quelli che producono le orecchiette dal punto di vista industriale che fanno? O cambiano il tipo di attività o si devono integrare. Io penso che una integrazione sia possibile in modo vantaggioso anche per i grandi produttori di energia elettrica che potrebbero in questo modo a loro volta uscire dalla pressione dei fossili per la produzione. Vi dico, per esempio, che in Puglia non c’è solo l’Ilva, purtroppo ENEL dopo il conflitto ucraino e la crisi energetica conseguente, è stata costretta a retrocedere su una decisione che avevamo concordato, quella di dismettere la centrale Enel di Brindisi che va prevalentemente a carbone, con ovviamente conseguenze non positive sull’ambiente, non così gravi come l’Ilva, però certamente apprezzabili. E stiamo continuando a produrre energia elettrica in modo tradizionale come si faceva una volta e credo che l’ENEL non aspetti altro che avere la possibilità, per esempio – lo dico perché ne avevamo tanto parlato con Don Filippo – tanto da alimentare i forni elettrici con i quali noi ci proponiamo ancora oggi di sostituire il ciclo integrato per la produzione dell’acciaio a Taranto (che è una cosa di grande interesse del ministro Picchetto Fratin col quale ovviamente ho avuto modo proprio pochi giorni fa di parlare per segnalargli questa stranezza, cioè il fatto che la gara per la realizzazione dei forni elettrici di riduzione diretta DRI, voluta dal Presidente del Consiglio Draghi, che è diventato un punto di riferimento della società DRI del governo italiano, che ha già aggiudicato la gara per la realizzazione di questi forni che si combinano perfettamente con la strategia di produzione dell’energia alternativa – indovinate un po’? – è quel pezzo del PNRR che è il Ministro Fitto ha definanziato, quindi noi rischiamo di dover rinviare anche di anni, anche laddove fortunosamente dovessimo trovare un’altra fonte di finanziamento, di rinviare di anni, perché dovremmo annullare questa gara o chissà come gestirla e allungare il processo. E siccome è una gara contro il tempo, quella di cui stiamo parlando, questo annullamento per noi è un fatto assolutamente negativo. Come vedete al centro – non sono molto visibili forse, ma forse voi le vedete meglio – quelle sono tutte le misure che noi mettiamo a disposizione delle imprese, ovviamente per fare anche altro. La Puglia ha probabilmente la migliore Agenzia di sviluppo per l’utilizzo dei fondi europei, siamo la prima regione italiana anche nella capacità di utilizzo dei fondi europei. Io lo so che a voi vi raccontano che il sud non li sa spendere. Come diciamo noi: è bugia, non è vero: noi siamo non solo i più bravi d’Italia, ma siamo forse tra i più bravi d’Europa nella spesa dei fondi europei, tant’è che i dati sullo sviluppo economico della Puglia di questi giorni sono al pari, sono vicini a quelle della Lombardia e quelli dell’Emilia. Anche questa è una notizia che non troverete mai sui giornali, ma che io colgo l’occasione, visto che sono venuto fino a qua, di raccontarvela. E devo dirvi che quella frase lì, “l’Europa ti cambia la vita”, per noi è la verità. L’Europa naturalmente da sola non basta perché c’è una regola che voi conoscete, che è quella dell’obbligo del cofinanziamento con i fondi nazionali. Non possiamo solo prendere i soldi dell’Europa, abbiamo bisogno anche dei fondi italiani e purtroppo anche sui fondi italiani ci sono delle minacce perché i fondi italiani si chiamano Fondo di sviluppo e coesione, che sono i fondi italiani, specchio dei fondi europei. Pare che l’ultima delibera CIPESS, che è stata approvata poco prima delle vacanze, vieta l’utilizzo dei fondi FSC per le cosiddette spese immateriali, che sono quelle spese che sono connesse agli investimenti e che ne determinano spesso il successo al pari della spesa per l’impianto. Perché, quando si comincia, per esempio, a ragionare sulle comunità energetiche o sul reddito energetico o si vuole promuovere la produzione di energia da parte delle imprese, devi comunicare, devi fargli fare le consulenze per innescare il processo e sono spese immateriali che l’FSC rischia di non farci fare. E siccome i fondi europei sono rigidi dal punto di vista del loro utilizzo, noi in passato li abbiamo sempre utilizzati in modo coordinato e adesso questa possibilità viene meno, peraltro in contrasto con la legge istitutiva del Fondo sociale di coesione e quindi, come ho già detto prima, noi saremo costretti a impugnare la delibera CIPESS che ci impedisce di utilizzare le FSC, come abbiamo sempre utilizzato. E questo lo voglio dire perché sono convinto per la bella chiacchierata che ho avuto col ministro Pichetto Fratin che l’anima del Ministro è dalla parte delle regioni, è dalla parte di chi ha sposato totalmente… Io ero obbligato, per motivi di vicinanza, perché don Filippo, avendo sempre avuto i miei numeri di telefono, io come sbandavo un pochino fuori dal seminato, venivo ripreso e riportato sulla retta via. Anche il prossimo vescovo farà la stessa cosa, ma io sono convinto che don Filippo continuerà a farlo anche da vescovo emerito. Non vi voglio tediare, voglio solo parlarvi di un’altra cosa che stiamo facendo e si chiama “Il mare a sinistra”, non è una roba da comunisti: il mare a sinistra significa che quando c’hai l’Adriatico a sinistra, almeno per noi pugliesi, vuol dire che stai tornando a casa. Se ce l’hai a destra vuol dire che sei stato costretto ad andartene. Quindi il mare a sinistra è la speranza che i pugliesi di ogni nazionalità e di ogni etnia, perché a noi vanno bene tutti, abbiamo un problema che non è quello dei flussi migratori, abbiamo il problema che stiamo perdendo abitanti in tutta Italia. Persino l’Emilia ha perso 15.000 persone nell’anno corrente, quindi non capisco perché siamo così spaventati da quelli che arrivano, visto che ne perdiamo tantissimi. E quindi questa strategia, una strategia di attrazione di tutte le età, di tutte le professioni, non solo del dei cervelli. Tutti si preoccupano della fuga dei cervelli, ma i cervelli, grazie a Dio, hanno una capacità di muoversi sull’ orbe terracqueo che è molto intensa. Invece sono proprio le categorie diverse, i pizzaioli, gli artigiani, le persone che lasciano le mamme che vanno via e che non vanno a fare mestieri piuttosto difficili in posti altrettanto difficili, dove gli immigrati siamo noi e non sono quelli che arrivano sulle barche. Quindi oggi vi volevo comunicare che proprio dal Meeting in onore dell’onore che abbiamo ricevuto con questo invito, c’è questo tasto “Start”, noi diamo inizio alla strada di ascolto e di partecipazione per costruire il mare a sinistra, per costruire tutte quelle azioni che saranno necessarie per dare sostanza – anche in collaborazione con tutti gli altri soggetti, perché il Meeting e quindi l’amicizia come concetto può essere tradotta in termini istituzionali, in relazioni. E se vuoi che questa strategia abbia successo, se vogliamo che l’Italia riprenda a crescere dal punto di vista demografico, non solo devi fare più figli – e questo lo dicono tutti-, ma devi precostituire le condizioni perché le giovani generazioni abbiano nel cuore la speranza di far nascere un bimbo o una bimba che sono il futuro di tutto ciò che noi siamo stati, siamo e speriamo di essere nel futuro. Quel QR Code è la modalità attraverso la quale – e che troverete sul portale della Regione Puglia – potrete anche voi, se lo riterrete, perché tutti sono pugliesi secondo il mio statuto personale della Regione Puglia, basta esprimere il desiderio di esserlo, uno diventa automaticamente pugliese – quindi siete autorizzati a dichiararvi “anche pugliesi”, perché immagino che non vogliate lasciare la vostra origine – potete partecipare a questa grande consultazione che definirà la strategia della Regione Puglia e noi ci auguriamo anche di tutta l’Italia per riprendere il nostro ciclo demografico, senza perdere il meglio del nostro paese che spesso va via per poi vivere la malinconia, la malinconia di chi c’ha il mare a destra è terribile; la felicità di chi c’ha il mare a sinistra, invece, è incommensurabile e io la vivo anche dal genitore, da nonno. Grazie a tutti e grazie per l’attenzione.

 

Frosini. Non so voi, io mi candido a fare il pugliese anche perché essendo campano posso godere magari di qualche forma di corregionalità, insomma, cuginanza.

 

Emiliano. Dichiarazione anche adesso, anche su un foglietto.

 

Frosini. Dichiarazione istantanea. Straordinario. Grazie, Presidente. Oltre, diciamo, alle doti che già conoscevo adesso ho scoperto e oltre a una grande simpatia, anche grandi caratteristiche oratorie del Presidente Emiliano, che ringrazio tanto, ringraziamo tutti. Ora per le cose che seguono ho bisogno di abusare un attimo del mio ruolo perché vorrei chiedere una cosa a Fabrizio Iaccarino – alcuni lo conoscono, altri invece non lo conoscono. Fabrizio è il responsabile relazione istituzionali di Enel. Vorrei dirvi che è il più talentuoso dei manager che si occupano di questa materia in questa azienda e il più esperto di questo settore. Oltre ad unire quindi delle competenze caratteriali, mostra delle straordinarie doti tecniche, che non è diciamo scontato per chi di solito si occupa di relazioni, di pubbliche relazioni (un tempo si chiamavano così). Voglio però dirvi anche che gli farò una piccola cattiveria, approfittando di averlo incensato in questo modo e per fare questo devo dirvi che tutti sapete cos’è l’ENEL? L’ENEL è un’azienda straordinaria. Dopo la nazionalizzazione del ‘61 faceva tutto l’ENEL. Le cose che ci hanno detto il Monsignor Santoro e il Presidente Emiliano non si sarebbero potute discutere fino a qualche anno fa, non ci sarebbe stato questo dibattito perché quello un tempo si chiamava l’operatore verticalmente integrato, cioè l’ENEL faceva tutto, produceva, trasmetteva, distribuiva, vendeva e misurava. Poi ci sono state varie riforme europee, l’applicazione di direttive più o meno recenti, il terzo pacchetto, le varie applicazioni italiane. Oggi si è arrivati a un contesto diverso: l’ENEL svolge quindi un ruolo che non è più da monopolista per tutti gli aspetti, per tutti, diciamo così, i pezzi di questa filiera, ma svolge un ruolo fondamentale che è anche un po’ quello di pungolo e di pioniere, talvolta, nello sviluppare e nel considerare queste novità. Oggi stiamo analizzando una di queste novità. Ho rubato questo tempo e quindi Antonio Scino e Fabrizio Accarino si divideranno da buoni amici questi trenta minuti. Volevo chiedere a Fabrizio, prima di tutto di andare un po’ più leggermente prima del tecnico consapevolissimo che ci farà capire le cose in modo semplice, quindi vorrei sapere come possono aiutare queste comunità, cioè come queste comunità possono contribuire alla famosa transizione energetica. E poi, proprio per la cattiveria di prima, a un’azienda che produce di solito è un po’ come il toro col drappo rosso quando parliamo delle batterie, cioè dove c’è produzione, le batterie non ci piacciono però, Fabrizio, “dove c’è CER c’è batteria”. Allora, primo, spiegaci un po’ come funziona; secondo, ma poi che facciamo? Le storiamo questi megawatt prodotti, oppure abbiamo sempre una difficoltà?

 

Accarino. Grazie Giuliano, grazie belle parole, grazie a tutti per essere qui. Innanzitutto, effettivamente viene da domandarsi: cosa l’ENEL (che appunto produce energia elettrica), cosa ha a che vedere con le comunità energetiche che un certo da un certo punto di vista, come diceva anche monsignore, tolgono lavoro a quello che è l’ENEL di una volta. Però oggi, per rimanere nel mercato, diciamo, dobbiamo essere al passo con i tempi. E l’ENEL ha anche una responsabilità sociale, oltre che imprenditoriale, di rimanere al passo con i tempi e di adattarsi ai nuovi tempi, essendo anche pioniere, come diceva Giuliano. Da questo punto di vista le comunità energetiche sono una straordinaria novità, consentono effettivamente, per rispondere alla domanda, diciamo nel titolo del Meeting, la democratizzazione dell’energia, nel senso che consentono a chiunque, anche a chi non ha un tetto o un terreno per produrre energia rinnovabile, a partecipare a questo grande cambio di paradigma. Pensate che oggi l’ENEL, che è il primo produttore di energia elettrica in Italia, produce solo tra virgolette, circa il 18% dell’energia elettrica italiana. Perché? Perché ormai abbiamo quasi due milioni di produttori che siamo noi. Chiunque abbia un pannello sul tetto o grandi produttori di energia di energia rinnovabile, ormai produce. Pensate anche a questi numeri che sono importanti per capire come tutto questo non è soltanto un sogno e qualcosa che arriverà, arriverà in modo più strutturato con le comunità energetiche, ma già accade oggi. Pensate che da prima dello scoppio della guerra e della crisi energetica, dell’aumento dei prezzi, noi come società di distribuzione energia elettrica (che è uno dei grandi asset di questa azienda, di questo gruppo industriale) allacciavano circa 50-60.000 impianti da rinnovabili l’anno in tutta Italia, dal singolo pannello ai grandi impianti. L’anno scorso ne abbiamo allacciati 200.000, 4 volte tanto. Quest’anno al 30 luglio ne abbiamo allacciati 220.000, già; a fine anno la proiezione ha superato i 350.000 impianti e quindi sono tutti produttori, oltre il 150% di aumento della crescita di domande di allaccio da parte dei piccoli impianti. Questo significa che questo cambiamento è avvenuto. Tutti noi, come diceva Giuliano all’inizio, ormai parliamo di energia come quasi della nazionale di calcio, ne sappiamo più o meno altrettanto, siamo tutti interessati a produrre in modo più sostenibile – perché abbiamo i nostri figli che lo ricordano tutti i giorni, almeno i miei piccoli – oltre a grandi esempi come abbiamo qua in questo panel, sia dal punto di vista territoriale che dal punto di vista appunto della diocesi di Taranto. Quindi da questo punto di vista, cosa fa oggi l’ENEL? L’ENEL oggi non è più il protagonista centrale di tutto questo, perché la democratizzazione significa che siamo tutti protagonisti, però è l’abilitatore. Da che punto di vista? Dividiamo il mondo a metà, prima del contatore, dopo il contatore. Prima del contatore, l’ENEL fa quello che vi ho detto: allaccia gli impianti. Può sembrare una cosa piccola, ma passare da 50.000 domande di connessione portate a termine, allacciate a 200.000 o quasi, 400.000 in due anni, significa anche strutturarsi. Per farlo, quindi si digitalizzano i processi, si studiano piattaforme che possono interagire coi clienti per fargli capire se effettivamente c’è una convenienza in quello che fanno, dialogare con l’azienda in modo strutturato, ma anche banalmente, portare quasi a 3000 le persone che sono dedicate all’ufficio commerciale, che parlano con i vari produttori e installatori, fare webinar per gli installatori, consentire quindi e abilitare tutto questo processo, ma soprattutto digitalizzare le reti in modo che, visto che non abbiamo più soltanto poche grandi centrali che producono energia e quindi un’autostrada che le distribuisce, ma abbiamo dei reticoli di rete sempre più fitti, con energia che entra e che esce sempre più intermittente, fare in modo che banalmente questi impianti realizzati in modo così impetuoso, sempre maggiore in pochi anni, ci consentano comunque di avere la luce senza blackout dovuti a questi salti di energia. Poi post contatore, il gruppo ha una società, si chiama Enel X che promuove appunto lo sviluppo delle comunità energetiche perché diceva, un mio grande capo in passato mi diceva: tu o sei parte della storia, oppure diventerai storia, quindi se tu non vedi che c’è questo grande, impetuoso, inarrestabile processo in corso – ed è evidente che c’è -, per vari motivi, tutti validi, quelli di sostenibilità ambientale, economica e sociale che sono stati citati da chi mi ha preceduto, è evidente che diventerai storia. A questo punto, perché per non rimanere indietro per mantenere questa e per consentire tutto questo con un’azienda del nostro gruppo, ENEL X, cosa facciamo? Aiutiamo i clienti a realizzare le comunità energetiche. Innanzitutto, capendo un po’ quello che diceva anche il presidente Emiliano, se conviene, perché la comunità energetica non è una parola magica, bisogna vedere, c’è un impianto deve produrre, deve distaccare, c’è una batteria dice Giuliano, va quindi fatto un lavoro molto raffinato, dove le competenze storiche dell’ENEL, ad esempio nella gestione dell’energia rispetto alla rete, oggi molto affinate da questa parcellizzazione importantissima che c’è stata nella produzione energia, possono essere fondamentali per consentire appunto di mantenere l’equilibrio generale alla rete, ma soprattutto insisto per consentire a queste nuove… immaginatevi condomini – condominio, la cosa più complessa no, una parola che mi fa venire i brividi soltanto a pensarci – le comunità energetiche, dovete immaginarle anche come dei condomini – perché questa cosa bellissima di avere chi produce la parte sociale, la piccola impresa e produttore, comunque ci vuole giustamente trarre un beneficio e mettere tutto insieme, non è banale e quindi qui c’è l’ENEL che fa appunto l’abilitatore, che fa un po’ l’amministratore di condominio, passatemi la semplificazione e quindi gestisce questa energia, istituisce la comunità energetica proprio amministrativamente, accompagna nell’istituzione comunità energetica, ci vuole un notaio delle pratiche, si fa la domanda di allaccio, si fa l’allaccio e quant’altro si fa la parte finanziaria. Quindi Enel X consente da un lato, aiuta chi ha già il finanziamento a realizzare l’impianto oppure in formula ESCO accompagna consentendo anche il finanziamento degli impianti, delle proprie realizzazioni. E poi tutto quello che la gestione, perché essendo dei condomini, durano nel tempo almeno vent’anni, ci dicono le normative e quindi anche da questo punto diciamo Enel accompagna. Quindi Enel come grande abilitatore di tutto questo. E per quello che riguarda le batterie, sicuramente questa è “croce e delizia” di questo settore di questa fase. Perché? Perché non sfugge che tutti questi impianti, come ci dava giustamente anche il Presidente Emiliano, alla fine ci deve essere anche una convenienza, oltre che una stabilità, ci deve essere anche, quindi nei momenti in cui noi abbiamo tanti impianti banalmente fotovoltaici in più soprattutto, e avremo quindi, nonostante i grandi consumi anche aumentati con l’elettrificazione, la climatizzazione, banalmente nelle ore di picco della presenza del sole, avremo comunque una over, una super produzione e metterla da parte per poterla utilizzare è fondamentale per quando poi durante la giornata non abbiamo più la risorsa, il combustibile naturale. Da questo punto di vista il tema delle batterie è un tema delicatissimo, molto più complicato di quanto possa sembrare, perché c’è un elemento tecnologico che però possiamo guardare, diciamo, come certa fiducia, perché si stanno studiando batterie già validissime (oggi si utilizzano batterie elettrochimiche, si utilizzano, si studiano nuove forme di accumulo energetico, molto promettenti e visto che il trend è questo, come in tutte i salti tecnologici, il fatto che ci sia grande domanda accompagnerà anche uno sviluppo veloce). Naturalmente ci vuole anche un’altra cosa e qua, insomma – e qua è anche un assist per Antonio, il tema della regolazione – tutto questo è un nuovo mondo, va accompagnato con normative che siano, ed è anche un tema locale, quindi anche le norme Regione Puglia, da questo punto di vista sono stati all’avanguardia, accompagnare tutto questo con regole nuove e con una velocità nel produrre adattare le regole, che è una novità importante per tutti e che mette tutti noi alla prova. Quindi questo direi grazie.

 

Frosini. Grazie, chiaro, interessante. Prima di tutto voglio segnalarvi, siete degli eroi perché vedo che il vostro livello di attenzione è compatibile a livello e alla qualità dei nostri relatori: domenica 20 agosto pomeriggio alle 18, io lo giudico un risultato straordinario. Tutto questo per dire che abbiamo quindi con una certa rilassatezza la possibilità di acquisire il fatto che abbiamo caricato Antonio Scino di una certa responsabilità, perché ciascuno dei nostri interlocutori ci ha detto, insomma, che ci sono tutta una serie di aspetti che alfine trovano un po’ una sintesi, come è giusto che sia, in capo agli uffici e un tempo si sarebbe detto “la rappresentanza dell’autorità politica”, cioè il signor Ministro, i suoi uffici di diretta collaborazione. Abuso di un secondo. Antonio Scino ed io – come avrete capito, con Iaccarino e con Scino ci conosciamo personalmente e ho il piacere invece di essermi presentato con Monsignor Santoro e col Presidente Emiliano solo ora abuso soltanto per introdurvi Antonio. Anni fa, qualche anno fa in Italia andò molto per la maggiore un libro di un autore anonimo, cioè non si è mai capito chi l’avesse scritto, il libro si chiamava Io sono il potere e faceva una specie di dettagliata descrizione della stortura con la quale i capi di gabinetto fanno questo mestiere, descrivendoli essenzialmente come dei mandarini abbastanza spietati, pronti a tutto, insomma, degli uomini di potere poco attenti alla vita reale. Io non condivido l’analisi di questo libro, ma non lo condividereste neanche voi se aveste avuto modo di conoscere il consigliere Scino prima di me, di averlo frequentato per lavoro, perché è un giurista raffinato che però accoppia una capacità di buon senso e di sintesi sulle cose che fa non solo in questo gabinetto dove adesso opera, ma anche in una lunga carriera. Noi vecchietti ci chiamiamo cosiddetti “di lungo corso” e quindi sono veramente molto contento di poter chiedere anche il suo contributo e poterlo presentare a voi in questo modo, cercando un po’ di capire, Antonio, sulla base di tutte queste cose dette, quindi che cosa manca? Cioè, queste comunità sono una cosa buona, ci piacciono, piacciono a tutti noi. Che cosa manca? Cioè se manca qualcosa, perché ancora non siamo pronti?

 

Scino. Innanzitutto, grazie per l’invito e ci fa piacere essere qui non solo come capo di gabinetto (il 23 ci sarà il ministro che meglio di me esporrà un pochino tutta la politica del ministero e quindi darà le linee politiche più meglio di me), comunque mi fa piacere essere qui perché i temi che affronta il Meeting ormai da tempo, intercettano pienamente i temi di cui ci occupiamo al ministero. Quindi, è nata una piccola collaborazione col Meeting e speriamo che si possa consolidare ancor di più, al di là di una mera partecipazione a un panel singolo. Quindi, questo mi sento di poter dire. Per quanto riguarda invece la conoscenza, partendo dal nostro moderatore che ho avuto modo di – come player, come stakeholder – di affrontare in modo leale in tutte le sedi con cui io mi sono trovato a lavorare con lui, quindi, posso che dirmi mi sono trovato bene. Non conoscevo sua eccellenza, ma insomma le sue parole mi richiamano ovviamente al rispetto della Costituzione, cioè nei quattro punti lui richiamava il patto tra generazioni che è indicato nella nostra Costituzione all’articolo 9. E tant’è vero che noi presto lanceremo insieme al ministro Casellati una commissione per riformare o meglio integrare il codice ambientale alla luce proprio del richiamo del nuovo articolo 9 e 41 della Costituzione, per cui alcuni aspetti del codice dovranno essere riorientati ai valori espressi nella Costituzione. Il presidente Emiliano, lui non si ricorda di me, ma quando era sindaco io ero un oscuro capo legislativo dei beni culturali lavorammo sul famoso teatro Petruzzelli; quindi, fu un’opera abbastanza impegnativa e quindi mi ha fatto molto piacere rincontrarlo. Con l’amico Iaccarino lavoravamo insieme nel 2008 nel gabinetto, diciamo di quell’epoca e ci occupavamo di energia; poi lui ha spiccato il volo. Quindi giustamente, insomma, è stato notato, purtroppo per me, bene per lui che è diventato quello che è diventato, che uno dei maggiori, diciamo conoscitori della materia. Per quanto riguarda: cosa manca? La domanda: cosa manca? Innanzitutto, cosa ha fatto il governo per le comunità energetiche? Ci ha messo i soldi, cioè due miliardi e due del PNRR; non ci sono bandi a cui rispondere o progetti, ci sono delle misure incentivanti e dei contributi, diciamo a fondo perduto, che si sommano a delle misure incentivanti tariffarie molto importanti. Ecco, proprio questa, diciamo doppia misura che noi riteniamo compatibile con la disciplina di aiuti di Stato sta, incontrando qualche difficoltà di interlocuzione con la Commissione europea, nel senso che la Commissione europea, quando sente parlare di cumulo di benefici, raddrizza le antenne e quindi sia in fase di pre-notifica che di notifica ufficiale ci ha posto alcuni stress test della misura e quindi questo provvedimento che era pronto a dicembre, dopo un’ampia consultazione pubblica, non ultimo, l’ultimo soggetto che abbiamo udito è stata proprio la CEI, abbiamo avuto un bellissimo incontro, devo dire non religioso, ma proprio ipertecnico con la CEI, devo dire con nostra somma sorpresa, dove abbiamo trovato una CEI pronta come diceva monsignore a rispondere alla chiamata della contribuzione della società civile, per rispondere a quello che è un dato preoccupante, cioè la povertà energetica. Quindi i soldi ci sono e gli incentivi ci sono. L’11 settembre scade il termine per la nostra risposta, ma il Ministro ci ha ordinato stavolta di non rispondere in modo epistolare, ma di andare a Bruxelles di persona. Quindi, stiamo organizzando una delegazione per andare a chiudere questa vicenda una volta per tutte, perché evidentemente solo con una presenza fisica si risolvono certe problematiche. Anche perché noi abbiamo in notifica molti provvedimenti da quando da 9 mesi siamo: l’agri voltaico, il FER 2, che sono le fonti rinnovabili innovativamente tecnologicamente avanzate rispetto alle quali stiamo aspettando il via libera sotto il profilo di aiuti di Stato. Quindi, abbiamo tre grossi provvedimenti fermi che tuttavia ovviamente abbiamo dato la priorità alle comunità energetiche. Quindi manca pochino, manca un pochino, però poi, come dicevi tu prima Giuliano, ci vuole un grande sforzo di semplificazione del pre-meeting. C’è la fase nostra che già abbiamo fatto molto, il governo Draghi ha fatto tanto, questo governo sta facendo moltissimo per la semplificazione, ma evidentemente non basta, bisogna fare ancora di più, bisogna veramente per far sì che questi contributi a fondo perduto, che queste tariffe incentivanti siano effettivamente godute dalla comunità, ma soprattutto dalla popolazione più vulnerabile – perché la povertà energetica è cresciuta purtroppo. Noi come ministero abbiamo la guida dell’Osservatorio della povertà energetica e con altri soggetti istituzionali, noi lavoriamo anche con l’autorità Energy Gas, col quale ci confrontiamo continuamente perché l’autorità comunque è il soggetto regolatore. Noi facciamo le politiche, loro declinano gli strumenti tecnici per elaborare questi strumenti, questi obiettivi della materia che, non ci dimentichiamo che è una materia comunitaria e quindi non possiamo darci le regole nazionali, dobbiamo sempre seguire un percorso, un quadro comunitario. Non la voglio far complicata. Voglio solo dire che effettivamente il tema della vulnerabilità della popolazione diciamo più a basso reddito e l’orientamento sociale di queste comunità energetiche è, diciamo, il nostro driver. Non vogliamo che la comunità energetica venga abusata come strumento e che quindi si realizzino strumenti diversi da quelli che si devono mettere… È vero, c’è il limite del megawatt, della cabina primaria, ci sono tutta una serie di limiti tecnici, ma questi limiti tecnici sono anche a garanzia del godimento di questa beneficio a favore di chi veramente, di coloro per i quali è stato pensato alla comunità energetica già a livello europeo con la direttiva comunitaria RED 2, la cui normativa nazionale due anni fa è stata recepita e soltanto abbiamo trovato nel cassetto questo decreto, l’abbiamo tirato fuori e ci siamo resi conto quanto fosse complicato farlo digerire all’Europa. Diciamo che nel complesso, nelle more, come misura ponte, abbiamo varato un decreto che è quello del reddito energetico, sono 200 milioni, non è granché, sono noccioline, ma è una piccola misura che può aiutare le famiglie meno abbienti per fare domanda di installare il fotovoltaico a casa propria e quindi si va incontro alle famiglie più bisognose con un meccanismo di fondo rotativo che è un po’ diverso dal meccanismo delle CER. Comunque, è una misura cosiddetta ponte. E poi c’è il tema del mercato tutelato, che è un tema che si innesta con tutto il discorso, cioè siamo ragionando con gli operatori con l’autorità, siccome abbiamo speso tanti soldi di bonus sociale, da quando c’è la crisi energetica – il Ministero si chiama Ministero della Sicurezza energetica anche, oltre il ministero Ambiente, proprio perché c’è un tema di sicurezza energetica – oltre che di povertà energetica e volatilità del prezzo dell’energia. C’è un’esigenza, cioè di effettivamente tutelare i più vulnerabili. Quindi accompagnare il processo di uscita dal mercato tutelato con delle misure adeguate. Quindi stiamo ragionando con gli operatori con l’autorità, col GSE per accompagnare questo processo, perché passare da 9 miliardi di bonus a zero e poi passare al mercato libero effettivamente è un salto nel buio e quindi bisognerà accompagnare il processo. Quindi sono temi a cui noi pensiamo. Io, poi peraltro scusate un po’ di civetteria cattolica, cioè, sono presidente di un’unione locale di giuristi cattolici, sono un volontario di un circolo importante nazionale di circolo San Pietro. Quindi mi sento volontario anche in questo, cioè, trasferisco questo mio volontariato anche nel settore di cui mi occupo. Ovviamente non decido io queste cose, io cerco solo di tradurre al meglio quello che è l’indirizzo che viene dato alle strutture. Noi abbiamo un nuovo dipartimento e che però si avvale di competenze molto valide e dovremmo ancora implementarlo e lavoreremo, ovviamente, tutti insieme. Sono d’accordo avendo fatto il direttore del Cipe con i discorsi fatti prima, c’è un tema del fondo coesione molto delicato, che sia per lo switch delle risorse, cioè si switchano le risorse su Taranto, ma non per eliminarle, ma per dare un maggiore respiro di contabilizzazione di queste risorse, ma mi rendo conto che essendoci delle gare si crea un problema giuridico; quindi, quello è un tema di conti, di avvocati. Ecco, non è un tema che mi compete a me, di politica, diciamo solo che i soldi ci sono non sono spariti, ma è ovvio che servivano forse per le gare in questo momento, ma si cercherà di risolvere anche questo aspetto. Per quanto riguarda la coesione, ecco, questo è un momento delicato dove le comunità energetiche nell’ambito del PNIEC, costituiscono un’importante volano perché noi abbiamo pubblicato al 30 giugno la nuova proposta di PNIEC (cioè il Piano Nazionale Integrato Economia e Clima), che fissa dei target che noi abbiamo chiamato “operazione verità”, cioè non perché vogliamo essere il Verbo (ci mancherebbe, sarebbe proprio blasfemo), semplicemente che rispetto a PNIEC del 2019 e al piano della transizione ecologica del 2022, abbiamo voluto tarare gli elementi che erano contenuti in quelle pianificazioni con quello che è successo in mezzo, cioè c’è stato un Covid, c’è stata una guerra, c’è stato un innalzamento dei prezzi, c’è stato un “indietro tutta” sulla decarbonizzazione (della serie, riapriamo Civitavecchia, riapriamo le centrali a carbone) perché il prezzo che insomma dell’energia sta volando alto e quindi dovevamo, si doveva correre ai ripari. Quindi, con il nuovo “PNIEC operazione verità” non vuol dire che c’è una deflazione, cioè il Governo deflette sulle rinnovabili, quindi sull’eolico e fotovoltaico, che sono l’architrave della comunità energetica, semplicemente si tarano gli obiettivi su dati più realistici nel complesso del mix energetico, perché non si può pensare che tutto a elettrificazione, bisogna pensare a tutte le fonti di energia, quindi in questo PNIEC che si concluderà l’iter nel giugno del 2024, perché adesso dovremmo passare, ovviamente, in Parlamento in Conferenza Stato Regioni, dovremmo fare in una consultazione pubblica a questa proposta di PNIEC è, come dire, la scommessa del futuro, cioè questo documento ci dice come arrivare al 2030 e al 2050, con quali mezzi e con quali strumenti e con quali obiettivi. Sul serio ecco, non per finta, perché effettivamente sparare i numeri, è facile dire 7- 8 megawatt all’anno di rinnovabili, oppure fare questo di gas piuttosto che di tecnologia a idrogeno, rispetto alla quale aspettiamo ancora dall’Unione europea, qualche direttiva in più che ci possa finalmente far decollare questa misura. Quindi da parte nostra c’è l’impegno totale di portare a casa entro fine mese di settembre la misura. Questo è quanto.

 

Frosini. Assolutamente. Non gli togliamo l’applauso.

 

Emiliano. Come accade nei paesini, quando uno acchiappa il capo di gabinetto del presidente della Regione o un Ministro, gli rivolge subito un’istanza. La Puglia ha come obiettivo 7 gigawatt, noi ne produciamo 3, per favore, calcolateci l’offshore, cioè nel senso che noi sacrifichiamo il nostro mare però non è che quello ce lo calcolate fuori dalla capacità produttiva della Regione. Spero di no.

 

Scino. Proprio un flash. Non voglio rubare la scena, però sull’eolico offshore ci tengo a dire questo. Ora, al di là del PNRR che insomma anche lì c’è il problema del 2026. Noi abbiamo ereditato un piano, spazi e gestione marittimi dal Governo Draghi, rispetto al quale ci aspettavamo di trovare qualcosina in più sulla identificazione delle aree idonee a mare, cioè quali sono le aree idonee nel mare per fare energia. Ora tutto ciò ce lo dobbiamo costruire in tempi brevissimi perché oltre ad avere, a settembre arriverà alla Conferenza il provvedimento area idoneo a terra, la Conferenza ci darà un parere su come loro pensano che vadano dislocati gli impianti di rinnovabili in Italia sulla nostra proposta, e cioè che abbiamo fatto un grande lavoro con il Ministero Agricoltura e Cultura per identificare una mappatura della nostra nazione per identificare quali aree sono inidonee ex ante e quali sono idonee ex ante. E lo stesso avverrà con il mare. Insomma, quindi non litighiamo, il mare c’è.

 

Emiliano. Dico ce lo calcolate nei 7 giga.

Scino. Lo calcoliamo.

Frosini. Queste sono straordinarie, diciamo conversazioni per addetti ai lavori. La verità è che siamo stati molto fortunati perché i nostri ospiti ci hanno detto veramente con una certa chiarezza su come stanno le cose e come possiamo cercare di raggiungere aspetti sempre maggiori di indipendenza energetica (tutti loro hanno citato la decarbonizzazione, cioè non vogliamo più il carbone). L’anno scorso avevamo un gas molto costoso, una parte di questo dibattito, perché noi poi che ascoltiamo siamo interessati a capire perché dobbiamo pagare così tanto e quindi questi vari aspetti sono diciamo spiegati molto bene. L’ultimo, in particolare, riguardava la possibilità di mettere per esempio delle grandi pale eoliche al largo delle coste marine ed è piuttosto interessante, però signori, vi assicuro, è piuttosto interessante che con competenza si dibatta oggi di queste materie, l’ho detto all’inizio, così come un tempo eravamo abituati a discutere di argomenti che impattavano di meno sulla nostra quotidianità. Oggi molti di noi sono attratti da questa materia e siccome siamo sempre pronti a dire quello che non va, a me fa piacere ricordarlo e mi fa piacere anche introdurre i ringraziamenti per i nostri ospiti prima di farlo, fermi tutti. Se girando in questi giorni nel Meeting doveste essere avvicinati da qualcuno con la maglietta rossa con scritta DonaOra non lo trattate come quello del call center dell’ENEL che vuole farvi il contratto. Perché sono i volontari del meeting che cercano di aiutare. Al finanziamento e alla sottoscrizione perché è una manifestazione piuttosto importante. I volontari di questa manifestazione sono migliaia e rinunciano a una settimana le loro vacanze per cercare di dare una mano a una cosa in cui credono e quindi è utile e molto bello e le stesse cose credono anche i nostri ospiti che quindi ringrazio sì bene, siete straordinari.

 

Emiliano. Posso ringraziare il pubblico, siete rimasti per quasi due ore su un argomento assolutamente non divertentissimo e quindi volevo ringraziare perché non capita spesso. Grazie davvero.

 

Santoro. Ma io volevo dire che l’attenzione del pubblico, caro Michele, si rivela dal fatto.

 

Emiliano. È grazia di Dio.

 

Santoro. No, si rivela dal fatto che qui abbiamo posto i fondamenti delle comunità energetiche, c’è una ragione per cui anche termini sconosciuti che abbiamo pure imparato a noi ci interessa, perché tutto ci interessa, perché la nostra è l’amicizia, è un’amicizia inesauribile.

 

Frosini. Inesauribile. Grazie, Monsignor Santoro, grazie a Filippo Santoro, al Presidente Emiliano. Antonio Scino, Fabrizio Iaccarino. Grazie a tutti voi. Buon Meeting. A presto.