Maurizio
Ho conosciuto il Meeting nel 1980 nel suo inizio, aderendo alla fase di preparazione (gli ideali, il programma, il progetto dell’allestimento, la costruzione) ...e poi lo smontaggio.
Ho partecipato anche a quel nuovo inizio che avvenne nella nuova Fiera di Rimini nei primi anni di questo millennio. Posso dire che ho visto una costruzione “temporanea” diventare un luogo a tutti gli effetti, come se fosse una piazza con una sua propria vocazione all’incontro. Nei percorsi e nelle pareti che si montavano c’era anche il mio desiderio di trovare la strada per il rinnovarsi delle nostre città e della convivenza tra gli uomini.
E ogni anno ho visto tutto questo crescere e dilatarsi negli incontri che portavano a Rimini, dentro i padiglioni della Fiera, mondi rinnovati.
Ma ora devo dire dello stupore per quella ripartenza del 2020, in una forma totalmente rinnovata e che ha scardinato tante abitudini nel modo di partecipare e vivere i giorni del Meeting.
Mi è accaduto che normalmente “selezionavo” incontri o mostre per me utili o interessanti, significativi o ricchi di novità, ma questa volta mi è riapparso il valore del Meeting in quanto tale. Il Meeting di Rimini è un fatto di profonda unità, attraverso cui posso guardare con più attenzione alle facce del poliedro della realtà e che mi offre la possibilità di comprendere meglio questo nostro tempo per non smettere di correggere quei punti di vista “divisivi” che facilmente mi si impongono attraverso i media e i social.
C’è un dato che viene dagli inizi del Meeting e che, per me, si è svelato nella sua verità col passare degli anni: si tratta dell’“Amicizia tra i Popoli”, una profezia di vita buona anche dove questa sembra impossibile.
“E quest’anno cosa ci sarà ancora di più dell’anno scorso?” Era questa era la domanda che i Riminesi si facevano all’inizio dell’estate dei primi anni ’80 e che faccio mia per questo 2021.