Rimini, martedì 18 agosto – Una chiacchierata tra amici, dopocena. È questa la prima impressione che si ha seguendo l’intervista di Fernando De Haro a Mikel Azurmendi per presentare il suo ultimo libro, Abbraccio. Verso una cultura dell’incontro (edito in Italia da BUR, agosto 2020).
La presentazione dell’ospite, a tutta prima, è sintetica. Azurmendi: sociologo basco, prima membro dell’ETA e poi suo fermo oppositore, esperto di sociologia, ma anche di antropologia, di etica e di studi religiosi comparati. Quello che però si svela durante l’incontro è uno spaccato di vita ben più profondo.
Partendo dall’esperienza autobiografica dell’autore, De Haro introduce al percorso umano fatto da Azurmendi in quello che lui stesso definisce il suo «viaggio alla scoperta della “tribù” di Comunione e Liberazione», fino alla sua conversione al cristianesimo. Una lunga serie di circostanze, apparentemente tutte fortuite. Un angosciante periodo di malattia, una lunga degenza in ospedale, il primo contatto con De Haro attraverso le frequenze della sua trasmissione radiofonica, il rapporto con Javier Prades e con molte altre persone legate al Movimento, fino all’invito, nel 2016, a partecipare all’Encuentro Madrid (l’omologo spagnolo della kermesse di Rimini). «Non mi aspettavo di incontrare nulla di tutto ciò nella mia vita», confessa Azurmendi. «È stata una grande sorpresa».
Abbandonando l’osservazione neutrale tipica dell’indagine sociologica, Azurmendi racconta di come sia nata in lui l’urgenza di spiegare ciò che in questi incontri stava vedendo, ripercorrendo così i legami causali e temporali dello stupore che via via andava avvertendo. «Cosa c’entravo io con i cristiani?» racconta di essersi chiesto all’inizio, lui, simpatizzante marxista con un passato da militante. Ripercorrendo la propria storia personale, così come quella del suo Paese, racconta i punti di contatto – l’ideale di giustizia, il significato dell’educazione, il valore della carità, il senso dell’identità – che lo hanno portato ad approfondire la dimensione sociologica e religiosa del Movimento di CL fino a condividere la domanda intima e profonda che si è fatta strada vivendo le amicizie così incontrate: «E se fosse vero che Gesù è risorto?».
In un tempo di distanziamento, il Meeting riesce così a portare il pubblico ad incontrare i suoi ospiti a casa loro, raccontando di un percorso umano mosso dal desiderio di dar ragione di quanto accade e riaffermando la cultura dell’incontro che tanto ha meravigliato Azurmendi.
(E.S.)