Una sala piena di amici quella della stampa estera a Roma, dove ieri è stata presentata la quarantesima edizione del Meeting, dal 18 al 24 agosto in fiera a Rimini. Amici autorevoli che hanno accompagnato la storia del Meeting. Qualcuno da sempre, come Gianni Letta che, come ha ricordato il presidente della Fondazione Emilia Guarnieri, «il Meeting lo fa con noi da 40 anni». Presenti alla presentazione, tra gli altri, il direttore dell’Osservatore Romano, Andrea Monda, e l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani, Carlos Avila Molina ambasciatore dell'Honduras presso la Santa Sede, il nunzio apostolico in Iraq e Giordania Alberto Ortega Martín, Emilio Dalmonte responsabile comunicazione della Direzione sviluppo della Commissione Europea, Claudio Maria Galoppi e Francesco Condoluci, rispettivamente Consigliere giuridico e capo ufficio stampa del Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati (che aprirà ufficialmente la XL edizione del Meeting), il ministro plenipotenziario Stefano Gatti coordinatore per la partecipazione della Cooperazione Italiana al Meeting di Rimini, l’onorevole Maurizio Lupi, don Ivan Maffeis sottosegretario della Cei. Hanno partecipato, con il presidente Guarnieri e il portavoce Eugenio Andreatta, il professor Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile e monsignor Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna. In collegamento da Parigi Enrico Letta, presidente dell’Istituto Jacques Delors.
Quarant’anni fa, quando il Meeting nacque, ha ricordato Enrico Letta, «la parola d’ordine era l’apertura e la conciliazione delle due Europe, la Polonia era il paese simbolo di questo dialogo e Giovanni Paolo II la figura che incarnava questa missione. Il Meeting svolse questo ruolo di apertura, ebbe da subito questo respiro europeo, è stato un luogo dove si sono costruiti ponti e abbattuti muri». Missione che per il Meeting si rinnova ora, «dentro un’Europa che sta ricostruendo muri, in cui le identità non sono più vissute come ricchezza reciproca ma in contrapposizione», ha sottolineato Letta.
«Ve li portate molto bene questi 40 anni», ha esordito l’arcivescovo di Bologna, monsignor Matteo Maria Zuppi. «La vostra preoccupazione, la vostra passione con quella ricerca poco politicamente corretta sono rimaste le stesse. Eppure siete anche molto cambiati. Si vede che siete cresciuti, avete capito quanto sia importante il verbo ricucire, che spesso ci ripete il cardinale Gualtiero Bassetti (presidente della Cei, ndr)». Gli strappi «al mondo d’oggi», va avanti Zuppi, «sono tanti, e voi continuate a ricucire facendo incontrare persone diverse. Perché vi dico che siete cambiati? Perché il filo necessario è tanto, ma non si vede. All’inizio questo filo si vedeva molto e bisognava anche farlo vedere, perché altrimenti si sarebbe potuto pensare non esistesse. Quando si cresce, invece, si comprende che il filo non si deve vedere perché la grande capacità del filo è quella di riuscire a tessere tante cose, ed è l’unico modo davvero resistente per tenerle assieme. Credo abbiate imparato una tessitura molto attenta e poco ideologica. Io contrapporrei l’ideologia all’umanesimo, che trova tantissimi riflessi diversissimi dell’umano, un umano non ideologico. Perché dico che non siete cambiati? Mi hanno colpito i volontari per la loro gratuità non ovvia, si pagano vitto e alloggio. Penso sia la vera anima, il vero segreto che muove tutto e che vi permette dopo 40 anni di continuare. Continuate nel vostro ricucire, ce ne è bisogno, e il filo deve essere veramente resistente».
Sono Stati «40 anni ricchi e belli di cui sono grata», ha sottolineato il presidente Guarnieri. «Incontro dialogo, identità, costruzione comune, solidarietà non sono state parole da convegni, ma occasioni di esperienza. Il Meeting è una storia e non una strategia, una storia che si è costruita insieme. E’ stata un’esperienza ed è proprio questo il segreto perché l’esperienza nelle persone non si cancella, resta». ‘Nacque il tuo nome da ciò che fissavi’, il titolo. «Vogliamo dire che nella confusione di oggi, nel crollo delle evidenze, non si capisce più dove ci si trovi, ma c’è qualcosa che non crolla ed è il desiderio del cuore di ognuno», ha spiegato Guarnieri citando Houellebecq. «Il desiderio non molla mai, è la chiave di volta per una prospettiva di speranza», ha proseguito Guarnieri. Abbiamo bisogno, per il presidente, di «uomini che sappiano guardare il proprio desiderio e che, in mezzo al mondo, provino a cambiarlo». Abbiamo bisogno «di uomini che abbiano un nome, una coscienza di sé così, e questo nome lo si trova guardando verso qualcuno capace di attrarre». Così come è stato attratto Barabba, che sarà protagonista dello spettacolo inaugurale del Meeting, liberamente ispirato al romanzo del premio Nobel Pär Lagerkvist. «Oggi non si può costruire da soli né solo con chi la pensa come noi». Simbolo del dialogo con il diverso sono san Francesco d’Assisi, il sultano Malik al Kamil e il loro incontro 800 anni fa, a cui il Meeting dedicherà una mostra e uno spettacolo, «un archetipo» per le relazioni interreligiose e non solo. «Abbiamo perso il gusto della relazione, del fare insieme le cose. Le dinamiche della relazione e della costruzione sono da recuperare: non mettendo insieme le idee, ma condividendo percorsi ed esperienze».
L’urgenza di «alzare lo sguardo», legata al titolo del Meeting di quest’anno, è stata centrale nell’intervento di Enrico Giovannini sui temi dello «sviluppo sostenibile che non è solo l’allarme per il cambiamento climatico, ma un modo di sognare che ci tiene svegli in un mondo in cui tutti si guardano i piedi. Occorrerebbe un collare come quelli che si mettono ai cani e che ti obbligasse ad alzare la testa e lo sguardo». Si contano nel mondo «tanti piccoli conflitti che non fanno notizia. Stanno accadendo molte cose diverse e noi dobbiamo capire la connessione tra loro. Il Meeting può essere il luogo, un momento unico, in cui lavoriamo per unire tutti questi puntini». Per Giovannini, che più volte ha ripreso papa Francesco nel suo intervento, «la cultura che genera gli scarti è la stessa che genera gli scarti umani. Rifiutare l’idea che le cose possano essere scarto è rivoluzionario».