Al #meeting19 sbarca l’arena Brain, uno spazio in D3 dove in collaborazione con Euresis e Camplus sarà messo a tema il cervello. Attraverso una decina di incontri, per lo più alle 12 e alle 19, e una mostra sarà possibile sviscerare tutto quanto ha a che fare con uno degli organi fondamentali del corpo umano e che, nonostante i progressi scientifici, mantiene ancora oggi agli occhi e alle menti degli studiosi alcuni aspetti decisamente misteriosi.
Come nasce l’idea dello spazio Brain? Lo abbiamo chiesto a Mauro Ceroni, professore di neurologia all’università di Pavia. «La persona nasce da una relazione stupefacente. Il titolo del Meeting, ‘Nacque il tuo nome da ciò che fissavi’ è vero anche in relazione a come siamo fatti biologicamente. Stupefacente è anche il modo in cui ci formiamo dal punto di vista fisiologico. Quando nasciamo, il cervello è già tutto formato ma le capacità sono presenti solo come potenziale: si svilupparsi se stimolate dalla realtà. Il tema è impegnativo e difficile, perché quello del cervello e della coscienza resta uno degli aspetti più misteriosi e impressionanti che vengono trattati dalla scienza attualmente».
Come lo affronterete, quindi? «Il cervello è un organo che fa parte di un corpo fisico-biologico e obbedisce alle leggi chimico-fisiche della realtà. Attraverso gli incontri e la mostra vogliamo interrogare le neuroscienze: cosa hanno scoperto su come funziona il cervello?».
Come sarà strutturata la mostra? «Al centro avremo un modello del cervello ingrandito 2,5 volte e smontabile per far capire come l’organo sia fatto in tutte le sue componenti. Il percorso proposto si snoda in tre corner dedicati a ‘percezione e sensazioni’, anatomia e fisiologia, segnali neuronali e modelli del cervello. Dapprima vogliamo far comprendere come funzionano le sensazioni, come accade di sperimentare il dolore, come si trasmettono gli impulsi. Poi andremo a studiare l’anatomia e la fisiologia dell’organo e la dinamica dei movimenti volontari, dell’apprendimento, del linguaggio. Infine, daremo uno sguardo alla bioingegneria per scoprire fino a dove la tecnologia è in grado di registrare gli impulsi delle cellule del nostro cervello e di usarli. Tutta la mostra ruoterà attorno alla frase del neuroscienziato Edelman che dice: “La nostra incapacità come scienziati di fornire una spiegazione della coscienza individuale non è più misteriosa della incapacità (dei fisici) di spiegare perché c’è qualcosa e non il nulla. Forse un mistero esiste, ma non è un mistero scientifico”».
E sarà questo il tema dominante anche dei panel? «Certamente. Anche in occasione del grande convegno con Igidio D’Angelo, del Brain Connectivity Center, e con Vittorio Gallese della School of advanced study di Londra, Scuola Rizzolatti, in programma per lunedì 19 agosto 2019 alle 11,30».