Camillo Fornasieri, direttore del Centro Culturale di Milano, ha iniziato la serie di incontri di invito alla lettura, che proseguirà con cadenza giornaliera, formulata in proposte che oggi ricercano “una consapevolezza ed una coscienza storicamente più precisa di importanti eventi del secolo passato”.
Ha quindi presentato Andrea Tornelli, definendolo come vaticanista aperto alle problematiche della Chiesa diffusa in tutto il mondo, e qui come autore della più corposa biografia di Paolo VI, riccamente condita di episodi anche inediti di tutto il pontificato di Giovan Battista Montini.
Ha quindi sollecitato l’Autore a spiegare i motivi della sua passione per Paolo VI, figura oggi messa quasi sotto silenzio e confinata in una zona dimenticata tra illustri predecessori come Pio XII e Giovanni XXIII e successori come Giovanni Paolo II.
Rispondendo alla sollecitazione, Tornielli ha presentato Paolo VI, “il papa della mia giovinezza”, come un uomo trovatosi nella “necessità di portare a compimento un Concilio dal confuso inizio” e di “applicarne le determinazioni in un’atmosfera di contestazione generale”. Citando Riccardi, Tornelli ha condiviso l’opinione secondo cui “Giovanni Paolo II ha suonato lo spartito composto da Paolo VI”.
Ha poi ricordato come Montini si sia formato nell’alveo del solido cattolicesimo bresciano, ricco di opere sociali, ma a Milano abbia trovato mondi ormai divenuti impermeabili al messaggio cristiano, ai quali riavvicinarsi, in piena bufera postconciliare e di generale contestazione, dicendo di sé quanto avrebbe scritto successivamente, e cioè che “il papa non ritiene di dovere seguire altra linea che la confidenza in Gesù Cristo”.
Incalzato da Fornasieri sulle parole chiave del pontificato di Paolo VI, in un periodo in cui “la confusione delle parole come dialogo, tradizione, autorità” denotava esplicitamente una “confusione dell’esperienza”, Tornielli ha ricordato che negli anni milanesi una lettera pastorale della Quaresima verteva sul “senso religioso”, su cui nel dicembre dello stesso anno 1957 si sarebbe espresso don Giussani con la sua opera omonima: “per Montini ripartire dal senso religioso significa ripartire dalla fede”. Quindi siamo all’opposto della artefatta figura del papa amletico o della persona corrosa dal dubbio. Proprio Montini, in un documento del 1978, fa proprie le parole di San Paolo con cui redige il bilancio del suo pontificato: “ho combattuto la buona battaglia, ho tenuto viva la fede”.
Da ciò l’importanza di “tirare fuori questa figura dal dimenticatoio” e ristudiarla, comprendendone la storia nella totalità dei suoi fattori. Infatti – ha concluso Fornasieri ”c’è bisogno di storia, che è un modo per conoscere non i fatti, ma la verità”.