96. “O protagonisti o nessuno”

Press Meeting

In un auditorium pieno in ogni ordine di posti Emilia Guarnieri, presidente della fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ha introdotto l’incontro sul tema di questa edizione del Meeting, ‘O protagonisti o nessuno’. “Come fa l’uomo ad essere protagonista? In questi giorni di Meeting abbiamo incontrato molti uomini che sono venuti qui a parlare a partire dal proprio cuore, testimoniando un bisogno di bene, di senso e di essere utili nella storia. Davanti ad alcune testimonianze, come quelle di Rose, Marguerite e Vicky, tutti siamo stati provocati e ci siamo sentiti più protagonisti”. Emilia Guarnieri ha precisato che “protagonista è colui che vive il reale mosso dal senso che ha incontrato nella propria vita”.
A Marco Bersanelli, docente di Astrofisica all’Università degli Studi di Milano è stato affidato il compito di entrare nel merito del tema. “L’uomo per sua natura aspira ad essere protagonista – ha esordito – desidera che la propria vita lasci un segno originale. L’idea che la vita scorra senza generare nulla è insopportabile”. Da dove viene allora la nostra immagine di realizzazione di un io protagonista? “L’uomo è fatto per essere in rapporto con ogni cosa creata, per cercarne il senso e per conoscere il reale: con l’epoca moderna nell’Occidente però è maturata la convinzione che l’uomo fosse in grado da sé, autonomamente, di dominare e definire il reale, confidando nelle proprie capacità. L’immagine di protagonista che noi abbiamo ereditato è quella di un uomo che si identifica con quello che riesce a fare da sé e con il successo che riesce a ottenere”.
Questo smarrimento dell’io rispetto alla sua aspirazione originale è ben riassunto nelle parole di Hannah Arendt: “L’uomo moderno […] fu proiettato in sé stesso, nella chiusa interiorità dell’introspezione dove tutt’al più poteva sperimentare i processi vuoti del meccanismo mentale […]. È perfettamente concepibile che l’età moderna cominciata con un così eccezionale e promettente rigoglio di attività umana, termini nella più mortale e nella più sterile passività che la storia abbia mai conosciuto”. La conseguenza di questo smarrimento, annota Bersanelli, è una disaffezione per la realtà, che “o non ci riguarda, oppure è ridotta a ciò che di essa noi decidiamo di scegliere. I fatti che accadono sono visti come ostacoli e limiti e non come opportunità”. La debolezza nel rapporto con la realtà genera poi un’aridità nella conoscenza ed elimina la commozione e lo stupore davanti a ciò che c’è. Come affermava Max Planck, “chi ha raggiunto lo stadio di non meravigliarsi più di nulla dimostra semplicemente di aver perduto l’arte del ragionare e del riflettere”. Si crea una distanza tra l’uomo e la realtà, una dinamica “totalmente opposta rispetto a quell’impeto positivo presente in uomini come Dante Alighieri, secondo cui ogni creatura era segno del Mistero (‘Le cose tutte quante hanno ordine tra loro e questo è forma che l’universo a Dio fa similiante’)”.
Secondo Bersanelli è fallita un’idea di protagonista per la quale l’uomo si concepisce libero da tutte le dipendenze, autonomo e appartenente solo a se stesso. Ma allora chi è veramente protagonista? Don Giussani lo descrive bene in un suo intervento del ’79: “Protagonista non vuol dire avere la genialità o spiritualità di alcuni, ma avere il proprio volto, che è, in tutta la storia e l’eternità, unico e irripetibile”.
Proprio l’irriducibilità della natura di ogni uomo, osservabile nell’esperienza di ciascuno e testimoniata da molte persone in questo Meeting, rende l’uomo libero, non assimilabile a nessuno schema e dotato di un valore infinito. Questa irriducibilità, ha sottolineato con vigore Bersanelli, “non viene da una capacità, o da un discorso, è un fatto: io non mi sto facendo da me. Il mio io è fatto da un Altro, e la consistenza della mia personalità sta in questo rapporto che mi genera”. Riprendendo don Giussani, Bersanelli ha affermato che “le due concezioni in lotta tra loro sono quella dell’uomo che appartiene a qualcosa di più grande oppure quella dell’uomo che appartiene a se stesso”.
In quest’ultima visione però l’uomo diviene facilmente preda del potere, “la sua pretesa di autonomia lo rende schiavo della mentalità comune. Un io cosciente della propria irriducibilità invece è inassimilabile a qualunque potere”. L’astrofisico ha poi evidenziato che oggi “un eccesso di comunicazione e di possibilità di scelta favorisce lo smarrimento dell’io. Come ha detto Benedetto XVI, l’uomo è minacciato da uno squilibrio tra le possibilità che ha e la debolezza di giudizio del cuore”. Anche il potere di un uomo, in fondo, fin dove può arrivare? La scienza moderna ci fa vedere la vastità del mondo, l’immensità dello spazio e del tempo, nei quali l’uomo è un istante risibile: anche il più grande potere è insignificante di fronte a tale grandezza. Cosa può reggere il confronto con questa immensità? Il fatto che ogni gesto umano ha una dimensione cosmica, che “l’uomo è rapporto con la totalità, come descrive mirabilmente Dante nella sua opera”. Dunque c’è qualcosa nell’uomo che non si azzera al cospetto dell’immensità dell’universo. “L’uomo è questo paradosso, un ‘quasi nulla’ che ha la capacità dell’infinito – ha detto Bersanelli – e gente come Dante, Pascal, Leopardi, Dostoevskij e Giussani ha capito che ogni uomo ha una grandezza incommensurabile”.
Bersanelli poi si è soffermato sul come mantenere questa coscienza di sé. “Sia il potere, sia l’uomo stesso tendono a ridurre la sua libertà. Come dice don Carrón, l’unica possibilità di ridestare l’io è un avvenimento, un amore incontrato, una Presenza che afferma il tuo essere. Il Cristianesimo è questo invito inaspettato che cambia la vita”. Questo non vuol dire che bisogna demonizzare il potere, significa però che “il potere dello sguardo di Gesù che alla vedova a cui era il morto il figlio dice ‘Donna, non piangere’, ci affascina di più della boria di certi politici. Per questo non ci avranno mai”.
“Un uomo che scopre il rapporto con questa Presenza nella sua vita diventa un soggetto instancabile, un protagonista di positività che tenderà a costruire pezzi di mondo migliore nella realtà che ha da vivere. Dio è il protagonista della storia, e noi lo diventiamo nel rapporto con Lui, accorgendoci di essere bisognosi – ha concluso Bersanelli – come ci ha testimoniato don Giussani: il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo”.

(M.C.)