In Sala B7 alle 15.00 a introdurre il dibattito è Raffaello Vignali, vice presidente commissione Attività produttive della Camera. Il titolo riecheggia quello del Meeting. “L’imprenditore che rischia del suo non può permettersi di non essere protagonista. Per questo abbiamo chiesto a tre amici di raccontarsi”. L’evento, realizzato in collaborazione con Unioncamere, vede riuniti tre rappresentanti di aziende piccole, medie e grandi. Paolo Gatti è presidente di Calzificio Italiano; Luciano Anceschi è amministratore delegato di Tria Spa; Luca Ferrarini è presidente del Gruppo Agroindustriale Ferrarini.
In prima battuta Vignali chiede ai tre di spiegare caratteristiche e motivazioni del loro essere imprenditori e soprattutto: “cosa vi sostiene nel fare impresa”. Paolo Gatti spiega che la sua piccola azienda produce calze di alta qualità. “Molte sono le scommesse da superare. Il tessile è un settore maledettamente competitivo”. “Ciò che determina oggi il fare impresa non è il capitale ma la persona”, continua. Esempi? “Dalla collaborazione con un consulente abbiamo ottenuto miglioramenti in ambiti aziendali critici come la gestione degli ordinativi. Abbiamo anche istituito un consiglio d’amministrazione informale che ci permette la carità più grande che possiamo farci tra di noi: la critica dei problemi interni al fine di risolverli”.
Dopo l’esperienza di un piccolo imprenditore la parola passa al rappresentante di una media impresa. L’azienda di Luciano Anceschi si occupa della lavorazione di materie plastiche: “È un momento in cui sembra non ci siano più nuove strategie per entrare nei mercati”. Solo il cambiamento della mentalità dell’imprenditore verso il dipendente, l’attenzione agli sviluppi tecnologici e alle culture di destinazione dei nostri prodotti, spiega, “ci permette di affrontare la frammentazione del mercato”.
“La mia impresa è diventata più grande nonostante facciamo Jurassic economy”, scherza Luca Ferrarini, presidente dell’omonimo gruppo. In effetti i prosciutti si producono da centinaia di anni e la sua è una delle prime imprese per produzione e fatturato in Italia. “Noi oggi esistiamo come impresa perché non abbiamo paura. Crediamo nel nostro mestiere, crediamo in noi stessi. Quanto più la moda, i giornali, il mondo ci vogliono omologati tanto più crediamo che il vero protagonista è chi crede in se stesso”.
Vignali introduce la seconda provocazione facendo riferimento ad una sensazione diffusa. “A molti oggi sembra che l’economia sia il frutto di un determinismo, per cui non resta che aspettare che tutto passi”. E pone la domanda: “per un nuovo sviluppo, per la crescita da cosa si riparte?”. Paolo Gatti nel rispondere precisa che solo la cultura del controllo oltre che l’incessante passione per il prodotto determina la crescita. Dal canto suo Anceschi ribadisce che l’ottica deve sempre più focalizzarsi sulla persona, intesa come protagonista dell’economia, perché “il rischio è l’immobilismo”. Ferrarini nel dichiararsi “il più grande sindacalista in Italia” ammonisce i “colleghi” sindacalisti e tutti gli amministratori italiani di ricordarsi “che oltre ai diritti bisogna guardare anche ai doveri”. E fa notare come il fenomeno della deindustrializzazione in Italia accade “non solo per ragioni meramente economiche ma per un ritrovato senso di libertà. Per far rimanere le imprese ci vogliono meccanismi capaci di far restare le imprese nel paese. Portar all’estero le imprese – continua – vuol dire portare fuori una storia e privarci di una tradizione che è una ricchezza. Dobbiamo porre le condizioni per tenere in Italia le nostre imprese”.
(S.L.)
Rimini, 26 agosto 2008