Arena D3, ore 21.30. La folla aspetta di entrare, sventolando i biglietti, e Chieffo è già sul palco, seduto vicino al pianoforte. Guarda la sala che mentre si riempie lo saluta applaudendo. Non c’è soluzione di continuità con l’inizio del concerto, quando esclama “la cosa più bella siete voi! anzi siamo noi! Perché siamo un popolo!”. Dice subito che “questo spettacolo sembra una sfida, ma le sfide vanno accolte tutte” e, continuando a conversare con gli oltre tremila che gremiscono la sala, racconta della prima volta che cantò in pubblico, a Varigotti, spinto (con una piccola pedata) da don Giussani; poi intona “viva l’anima mia per cantare le tue lodi”, l’Alleluia della forza. Ricorda la frase che gli fu rivolta dall’allora quarantenne William Congdon (“o la canzone è una finestra aperta sul mistero o è solo rumore”) e dopo La ballata dell’uomo vecchio, La ballata del potere, La ballata della società, il videoclip di O mia carissima patria, dedicata ai Martiri della Fede delle isole Solovkji. Poi canta Lontano, dedicata a don Francesco Ricci (“questo è un percorso pieno di volti e di storie”) ed ancora La ballata dell’amore vero, La guerra, Quando uno ha il cuore buono, Liberazione n.2. Dedicata a don Giussani, Quando verrai, e dedicata alla moglie, Canzone per te. E sui versi conclusivi È ancora tanto lunga questa strada/e ho ancora tanta voglia di cantare l’applauso anticipa l’accordo finale e scroscia lungo, forte, affettuoso. È Chieffo che deve interromperlo per continuare con la Canzone dell’ideale (è la sigla del Meeting). Chiama sul palco don Pigi Bernareggi e lo vuole accanto a sé per la Canzone degli occhi e del cuore. Mentre negli occhi di tutti c’è ancora il lungo abbraccio di don Pigi, Chieffo presenta il secondo video della serata, Hope dance, girato in occasione dell’anniversario dell’11 settembre. “C’è una parola che è la base del nostro Movimento e della nostra vita: condividere.” È la risposta di Chieffo alla domanda di quella donna che, perduto il marito nell’attentato alle torri gemelle, chiede come potrà mai trasformare la propria rabbia in dolore. A seguire Il dono, dedicata a Horowitz, e, ricordando l’intenso rapporto con Gaber (“è l’unico che ha avuto il coraggio di fare concerti con me”) La canzone del melograno. Chiama ad accompagnarlo per La notte che ho visto le stelle Simone Pedroni, che sostituisce per l’occasione il bravissimo Flavio Pioppelli, e che regala all’uditorio una tersa e magica atmosfera. Con Rafael Andreo, Paolino Carrascosa e Manoli Ramirez propone Reina de la paz, scritta in Spagna dopo l’attentato dell’11 marzo, e infine l’ultima canzone composta, Andare. A suggello del concerto, “la canzone che più di ogni altra esprime l’identità di popolo”, Ave Maria stella del mattino, insieme al coro della città del cantautore, Forlì.
Così si conclude il concerto di Chieffo, ma è veramente lui il protagonista? Ciascuno dei presenti ha cantato, ha seguito il gesto di Chieffo, ha interpretato strofe e ritornelli incitato dalle sue indicazioni, è stato con il cuore sul palco, ha applaudito, ha guardato lontano, forse ha pianto. Ha cantato un popolo.