Secondo Bernhard Scholz, responsabile Dipartimento Formazione Fondazione per la Sussidiarietà, il tema di questo incontro è solitamente molto “ideologizzato”, non viene mai sottoposto a una riflessione che parta dall’esperienza. Uno sguardo agli ascoltatori mostra come si tratti di un tema molto sentito da studenti e laureati che affrontano il mondo del lavoro: è evidentemente un’occasione per “chiarire la posizione davanti a queste tre sfide”. Scholz ha osservato come l’educazione riguardi la persona, la sua apertura alla realtà, mentre la formazione concerne le sue capacità: per questo una buona educazione facilita il percorso formativo, sia dal punto di vista tecnico-professionale che da quello personale. La formazione risulta tanto più valida “quanto più la persona ha la domanda sullo scopo di quello che fa, e questa è una preoccupazione educativa”. Scholz ha quindi esortato i giovani presenti: “non spaventatevi se avete tante domande, perché questo è il segno che siete vivi”. Gli interventi di Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà, sono stati proprio domande, che spaziavano dalla posizione da tenere rispetto a un contratto a termine fino alla scelta da fare tra piccole o grandi imprese. Scholz ha sottolineato come ci siano due aspetti che devono guidare la scelta di un neo-laureato: la questione oggettiva del mercato del lavoro e quella soggettiva delle proprie attitudini e capacità. È assolutamente sbagliato partire da ciò che non si sa fare per una smania di miglioramento; occorre invece “lavorare sul positivo, approfondire ciò che si sa fare”. Inoltre si può trovare la propria strada solo “andando fino in fondo” al lavoro che si ha davanti, anche se all’inizio non corrisponde a quello che si era desiderato. Vittadini ha poi ripreso questa affermazione osservando che “è dentro il lavoro che si capisce com’è il lavoro”.
Sono intervenuti anche Carlo Lauro, direttore del Dipartimento di Matematica e Statistica all’Università di Napoli, e Giorgio Fiorentini, docente all’Università Bocconi nell’area manageriale non-profit. Lauro ha ribadito la necessità che le associazioni seguano i giovani nel loro percorso difficile di ricerca e creazione di un lavoro (che Vittadini ha definito come una vera e propria attività “imprenditoriale”) e di formazione. Fiorentini ha invece sottolineato l’importanza dell’esperienza di uno stage durante il percorso universitario, così da farsi conoscere subito all’interno delle imprese.
Lo spazio riservato a domande e interventi dal pubblico ha dato modo di affrontare molte altre questioni, dai master al dottorato all’importanza di un’esperienza all’estero. Vittadini ha osservato come la preparazione universitaria “di base” in Italia sia di buon livello, grazie alla concezione “realistica e metafisica (capace di concettualizzare)” della conoscenza tipica della tradizione italiana. Nelle scuole di specializzazione, invece, abbiamo ancora tanto da imparare: per questo andare all’estero è un “valore aggiunto”.
Vittadini ha inteso questo momento come il delinearsi “non di una serie di istruzioni per l’uso, ma di un atteggiamento”: il desiderio di mettersi in rapporto, di interessarsi della realtà.