La mostra dedicata a Costantino il Grande organizzata dal Meeting e aperta a Castel Sismondo di Rimini fino al 4 settembre ha avuto un grandissimo successo, sottolineato – ha posto in evidenza in apertura dell’incontro Giovanni Gentili, coordinatore scientifico delle mostre Meeting – dalla presenza finora di 65.000 visitatori.
“Siamo contenti di questo risultato, e ringraziamo per questo gli illustri studiosi che hanno fatto parte del Comitato Scientifico e i direttori dei Musei internazionali che hanno concesso il prestito dei pezzi. Un periodo storico complesso, non semplice da trasformare in esposizione, anche per la scarsità di reperti storici di quel periodo del IV secolo d. C., dalla costituzione della Tetrarchia all’ultimo dei Costantineidi, Giuliano l’Apostata. L’impegno per la realizzazione di questa mostra è stato definito nel giugno scorso dal direttore del British Museum ‘tremendo’”.
Per don Stefano Alberto, docente di Introduzione alla Teologia presso l’Università Cattolica di Milano, vanno tenuti presenti i motivi di grande attualità della figura di Costantino, che non fu solo, come detto da uno storico, “il più violento rivoluzionario dell’antichità”.
Per valutare correttamente l’innovazione costantiniana, occorre partire dal 313, (data dell’Editto di Milano) e dalla situazione del rapporto tra potere e religione che esso mutò radicalmente Il 28 settembre – ha proseguito il relatore – ricorreranno i 450 anni dalla Pace di Augusta, in cui venne affermato il principio ‘Cuius regio eius religio’, ovvero la religione è quella del principe: è la regola in base alla quale in sostanza sono spartite le sfere di potere ancora nei Concordati contemporanei, così come nell’articolo 52 del Trattato Costituzionale Europeo, “in virtù del diritto nazionale”.
“Si è codificato pertanto che il fondamento della libertà religiosa è nel diritto nazionale, è qualcosa che è concesso dallo Stato. Nella concezione di Costantino, più moderno di molti legislatori attuali, il concetto di tolleranza si affermava, per la prima volta nella storia di Roma, come diritto per il singolo di seguire ‘liberam potestatem’, la religione che desiderava, Una rottura profonda con il formalismo cultuale dell’impero. Il fondamento della libertà religiosa si poneva come libertà di coscienza, la libertà di culto come diritto della persona, il diritto della cristianità ad esprimersi come comunità dentro lo stato”.
Fabrizio Bisconti, docente di Iconografia Cristiana presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, ha illustrato visivamente vari esempi di arte cristiana dell’età costantiniana.
M. T.
Rimini, 21 agosto 2005