Il Meeting di Rimini e il Centro internazionale di Comunione e Liberazione saranno protagonisti a Tokyo, il 27 e il 28 ottobre prossimi, di un significativo momento di dialogo interreligioso con due correnti della tradizione buddista: la scuola shingon del Monte Koya e la scuola zen. L’annuncio è stato dato da Vincenzo Petrone, ambasciatore d’Italia in Giappone, al termine dell’incontro svoltosi in sala Neri a partire dalle 19. L’appuntamento, che ha dato il via al ciclo “Storie del mondo. Rassegna di reportages internazionali a cura di Roberto Fontolan e Gian Micalessin”, è iniziato con la proiezione di “Tsunami in Giappone. Voci dall’inferno”, prodotto da National Geographic Channel. La partecipazione del Meeting alle giornate di Tokyo rientra nei programmi della manifestazione “Italia in Giappone” (promossa dall’Ambasciata Italiana con la collaborazione di diverse aziende nipponiche) e, più in particolare, nell’ambito delle iniziative denominate: “Tradizione e globalizzazione: cristianesimo e buddismo di fronte alle sfide della modernità”. Con i monaci del Monte Koya, intervenuti diverse volte a Rimini, il Meeting ha stabilito rapporti significativi e lo stesso ambasciatore Petrone ha ricordato il viaggio sul Monte Koya di don Giussani nel 1987, accompagnato da Fontolan.
Il reportage “Tsunami in Giappone. Voci dall’inferno” ha aperto con immagini di forte impatto le “Storie dal Mondo”: a tema la tragedia che colpì il Giappone l’11 marzo 2011. Il filmato racconta con efficacia la rapida sequenza di fatti e le ore immediatamente successive alla tragedia. Volutamente quasi privo di voce fuori campo, il documentario lascia parlare le immagini raccolte da telefoni cellulari, telecamere portatili e telecamere a circuito chiuso di parcheggi e supermercati: ed effettivamente si tratta di scene che non hanno bisogno di ulteriori spiegazioni.
L’ambasciatore Perrone, dopo la proiezione, ha portato la sua testimonianza diretta degli eventi e ha descritto come il popolo giapponese stia reagendo alla difficile situazione, rispondendo anche ad alcune domande di Roberto Fontolan, direttore del Centro internazionale di Comunione e Liberazione, del reporter Gian Micalessin e del pubblico.
La prima parte del documentario raccoglie le immagini registrate durante il terremoto in uffici, supermercati, abitazioni. A Tokio sono le ore 14:46 e la scossa durerà sei minuti. Accompagnano le immagini i commenti dei presenti che, seppur mantenendo una calma stupefacente data dall’abitudine ad eventi sismici, sono comunque stupiti per l’eccezionale potenza della scossa, che effettivamente si rivelerà il terremoto più potente mai registrato in Giappone: 9 gradi sulla scala Richter all’epicentro (5.5 gradi a Tokio, a 180 chilometri dall’epicentro). L’ambasciatore, molto meno stupito del pubblico, ha spiegato che in Giappone i terremoti sono frequenti, che tutta la popolazione è perfettamente addestrata sulle procedure da mantenere durante gli eventi sismici e che, anche nei minuti immediatamente successivi al sisma “il traffico non era interrotto, la popolazione procedeva sui marciapiedi verso i punti di raccolta, i semafori continuavano a funzionare e c’era un vigile ad ogni incrocio”.
Nella seconda parte, le testimonianze si spostano sulla costa nord-orientale, dove nei primi minuti successivi al sisma scatta l’allarme tsunami e parte della popolazione riesce ad allontanarsi dalla costa verso posizioni più elevate. Lo onde annunciate arrivano dopo circa trenta minuti dal sisma, e sono eccezionalmente alte, più delle barriere costruite per proteggersi dagli tsunami che, in dimensioni minori, sono già ben conosciuti sulla costa giapponese. Le immagini, a questo punto, sono incredibile testimonianza di una natura impazzita oltre ogni previsione. Nei grossi centri (come a Sendai, un milione di abitanti) e nelle cittadine di pescatori le scene sono simili: l’acqua penetra per chilometri nell’entroterra trascinando con potenza irresistibile automobili, camion, barche, capannoni, case sotto lo sguardo incredulo degli abitanti. “Papà, cosa facciamo adesso?” “Non possiamo fare niente. La nostra casa è andata”, osserva un padre che riprende gli eventi col cellulare dal tetto della casa vicina.
Il documentario si conclude con le immagini dell’imperatore Akihito che, contravvenendo ad ogni abitudine (non accadeva dalla seconda guerra mondiale), tiene in tv un toccante discorso al popolo giapponese per manifestare la sua preoccupazione e vicinanza: “Spero dal profondo del cuore che le persone, tenendosi per mano, si trattino con compassione e superino questi momenti difficili”.
“La freddezza esteriore dei rapporti interpersonali che caratterizza i giapponesi non deve trarci in inganno”, osserva l’ambasciatore Petrone, spiegando che il popolo nipponico ha saputo manifestare grande solidarietà in questa occasione. Per esempio, gli alberghi delle città circostanti, senza bisogno di un invito da parte delle autorità, hanno immediatamente messo a disposizione le loro camere per ospitare le famiglie colpite dalla tragedia.