“Hai fede senza una speranza?”. Sono queste le parole chiave de La ballata del cavallo bianco scritta dall’autore inglese Gilbert Keith Chesterton e andata in scena all’arena D3 del Meeting di Rimini. I versi, interpretati dall’attore teatrale e cinematografico Massimo Popolizio, sono stati accompagnati dalle interpretazioni della cantante irlandese Eleanor Shanley e del chitarrista Marco Poeta, che hanno introdotto la fantasia degli spettatori in un mondo leggendario.
Protagonista della ballata è re Alfred, un sovrano buono e giusto che si trova a dover affrontare un’intera armata di danesi, pronti a invadere il suo Paese, l’Inghilterra. Re Alfred temerà di non farcela ma la visione della vergine Maria gli darà nuovo coraggio.
Nonostante il testo sia stato composto esattamente cento anni fa, è di estrema attualità. L’inizio del nuovo secolo, come il momento che stiamo vivendo ora, è stato un momento difficile, incerto, caratterizzato dalla perdita di punti di riferimento in ogni campo della vita quotidiana. È il periodo degli “uomini vuoti” di Thomas Stearn Eliot, delle identità smarrite in una, nessuna o centomila interpretazioni di Luigi Pirandello, della teoria della relatività di Albert Einstein. In questo contesto si inserisce Chesterton con La ballata del cavallo bianco, un poema, non tanto sul conflitto tra gli uomini, ma sulla battaglia interiore di ogni uomo alla ricerca di una certezza nella propria vita. Una guerra che, come dice re Alfred alla fine, è costante: “Vi libererete per sempre delle erbacce? Ordinerete all’erba infestante: ‘Vattene, e non tornare più?’ Incessantemente e di nascosto prospera il terrore; il tradimento e la vergogna continueranno finché ci sarà un filo d’erbaccia nella palude; e come l’erba continua a metter radici così la tirannia resiste […] ma ora, pur nel dubbio, cavalco”.
“L’intero poema è un canto che ridisegna il significato della parola ‘speranza’ – sottolinea Annalisa Teggi, la più importante studiosa italiana di Chesterton e adattatrice del testo allo spettacolo teatrale del Meeting – allontanandola dal regno delle illusioni e radicandola nella libera partecipazione creativa che l’uomo possiede fin dall’alba dei tempi”.