Il racconto di una cinquantina di viaggi che Filippo Anastasi, vicedirettore del Gr Rai, autore di In viaggio con un santo (ed. Messaggero di Padova), è al centro del quotidiano appuntamento delle 19.00 nel salotto Eni Caffè letterario. Con l’autore ne hanno parlato Camillo Fornasieri, direttore del Centro culturale di Milano e padre Ugo Sartorio, direttore del Messaggero di Sant’Antonio.
Fornasieri nell’introdurre l’incontro ha definito l’autore “una figura storica del giornalismo italiano, che, toccato dall’esperienza vissuta nel seguire i viaggi di Giovanni Paolo II, ha voluto mettere a disposizione dei lettori quanto accaduto dal di dentro”.
Sartorio sulla scia della sensazione descritta da Fornasieri, si è dapprima soffermato sulle capacità di un papa definito il “globetrotter della fede”, amante della comunicazione tanto da arrivare a dire ai suoi collaboratori preoccupati di cosa i media dicessero del papa “non cosa dicono di noi, ma cosa noi vogliamo che i media dicano di noi”, per poi definire il libro “vero” e per questo commovente ed il suo autore “cronista autentico capace di raccontare la realtà”.
“Mi permetto di definirmi cronista privilegiato – ha esordito Anastasi – perché ho vissuto accanto al papa, in prima fila, nei grandi avvenimenti che hanno cambiato il volto della storia dell’umanità”. “Non credo – ha aggiunto – che il mio libro sia da considerarsi un pilastro della storia, perché di libri del genere ne sono stati scritti tanti. È il racconto di un cronista ancora più privilegiato per aver vissuto fianco a fianco di un santo che a distanza di anni ricordava i nomi dei miei affetti più cari”. Da qui Anastasi ha ripercorso, raccontando aneddoti, ritratti di luoghi, situazioni indimenticabili e fatti personali. Da quelli che ha definito “viaggi della solitudine” (in India, quando ad accoglierlo non c’era nessuno ed ha potuto vedere “il popolo dei marciapiedi”), a quelli in cui “mi accorgevo che era più vicino a Dio del solito” (a Sarajevo, in un campo sportivo che era un cimitero, sotto la neve: Wojtyla pronunciò le parole “mai più la guerra” e smise di nevicare), oppure in Polonia (il “ritorno di un paesano al suo paese”). Da quelli in cui “non esce vittorioso”.
Ma c’è anche la salita del monte Sinai, al monastero di santa Caterina, studiato per poter essere accolto dal patriarca greco ortodosso Athenagora di Atene, in cui i monaci “autocefali” del monastero, dopo averlo guidato “stile giapponese” lo accompagnano in fretta e furia fuori dal convento. “Ironia della sorte – racconta Anastasi – il patriarca di Atene, l’anno successivo, lo accolse calorosamente nella capitale greca”. Fino all’ultimo viaggio, il giorno dei funerali, “una folata di vento birichino sfogliò il Vangelo posto sulla bara. Io ci vidi la sua mano. Si divertiva. Sembrava come quando, davanti alle masse, soprattutto nei raduni dei giovani, aveva sventolato fazzoletti e bandierine. Stavolta, non potendo usare le mani, soffiava ed agitava il libro del Signore”.
“In Anastasi – ha concluso Fornasieri – è interessante scoprire come un radiocronista faccia ‘vedere’ i fatti mentre accadono”.