Un parterre di politici di tutto rispetto (da amministratori locali a deputati europei) e un pubblico molto numeroso ha accolto con un lungo applauso i partecipanti all’incontro sui cristiani in politica delle ore 19.00. La sala A3 era strapiena tanto che molte persone si sono dovute sedere per terra lungo i corridoi laterali.
Il presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni ha introdotto il tema dicendo “Il fatto cristiano ha intrinsecamente in sé una dimensione sociale e politica non si può mai ridurre ad un fatto privato; inoltre noi siamo generati da una storia di duemila anni”. Formigoni cita i monaci benedettini e i movimenti religiosi del medioevo che costruivano ospedali, sfamavano la gente, diffondevano cultura: “Il cristianesimo non è mai stato solo un fatto privato. La comunità cristiana ha il dovere di educare le persone alla costruzione del bene comune”. E quindi di conseguenza “uno si impegna in politica non per affermare le proprie idee, ma per difendere quello che l’esperienza dei cristiani e degli uomini sta costruendo nella società”.
Formigoni ha lasciato il microfono per primo a Phillip Blond, direttore di ResPublica e collaboratore di David Cameron, il quale ha spiegato che in Inghilterra fare politica da cristiani è estremamente difficile per i pregiudizi ideologici verso le persone che manifestano pubblicamente la loro fede. “Il cristianesimo crea la libertà moderna – ha continuato Blond – ma la gente non conosce la storia e si lascia ingannare dalla moda corrente; in questo quadro il mio ruolo è quello di attaccare presunte certezze laiche e secolari per ripristinare la verità storica”. In Gran Bretagna, aggiunge l’intellettuale inglese, grazie all’azione di Cameron si stanno formando molte cooperative sociali “per riprendersi tutti quelli spazi occupati dallo stato, creando così un’economia basata sulla condivisione dei beni pubblici da parte dei cittadini”.
Paul Jacob Bhatti, consigliere del primo ministro del Pakistan per le minoranze religiose, è stato salutato da un ovazione del pubblico per la testimonianza cristiana offerta da lui e soprattutto da suo fratello Shahbaz, di cui ha letto il testamento spirituale, barbaramente ucciso il 2 marzo scorso dagli estremisti dei Tehrik-i-Taliban Punjab, collegati ai talebani afghani. È stato l’amore fraterno a spingerlo a prendere l’eredità politica del fratello, pur essendo preoccupato che quanto è successo a suo fratello possa capitare anche a lui e alla sua famiglia. “Tuttavia – ha continuato Paul – non si può rinunciare alla battaglia contro le prepotenze nei confronti dei più poveri e deboli. Inoltre la religione non deve diventare veicolo di violenza, non si costruisce la pace se uno non sacrifica qualcosa di sé. Dobbiamo ogni giorno affidare a Dio Onnipotente la vita personale e dei popoli. Se uno è un buon cristiano, è anche sicuramente un buon politico”.
È stata la volta del presidente del gruppo Ppe al parlamento europeo Joseph Daul, il quale ha affermato che fare politica significa essere impegnati nel quotidiano e difendere i valori cristiani da chi vuole emarginarli dalla scena pubblica. Ed ha terminato “l’unificazione europea è stata resa possibile da tre politici cristiani per cui vi dico: non abbiate paura, impegnatevi in politica”.
Grande ovazione anche per Marcos Zerbini, deputato al parlamento dello stato di San Paolo (Brasile), personaggio molto amato dal pubblico del Meeting, che ha raccontato la sua storia. “Non avevo mai pensato di entrare in politica – spiega il deputato brasiliano – ci sono andato per il lavoro sul sociale che stavo facendo con l’associazione dei lavoratori senza terra di San Paolo. I miei amici hanno deciso che dovevo essere io a candidarmi”. “La convivenza con i politici – ha continuato Zerbini – è molto faticosa; tutti vogliono il potere ad ogni costo e si dimenticano il motivo per cui si fa politica. Io riconosco la grazia che mi è capitata, quella di condividere con Cleuza, la mia compagna, e soprattutto con gli amici del movimento di Comunione e liberazione l’esperienza politica per non cadere nella trappola del potere”.
“Quello che ho imparato nel rapporto con don Carrón e padre Aldo Trento (missionario di Cl in Paraguay, ndr) è l’esperienza dell’abbraccio di Cristo alla mia persona, e quindi della libertà nei confronti del potere. Questo non porta meno problemi ma sono felice, i problemi non mi schiacciano, cerco di dare delle risposte e li affido alla Provvidenza”. Un ultimo cenno anche per la scelta della lingua: “Per parlarvi ho preferito usare un italiano sgangherato”, ha confessato ai presenti, “come gesto di ringraziamento per tutti gli amici italiani di Comunione e liberazione”.