L’ESPERIENZA RELIGIOSA NELL’EBRAISMO E NEL CRISTIANESIMO

Press Meeting

“È un appuntamento con un amico, il rabbino Alon Goshen-Gottstein, che era già venuto lo scorso anno. L’abbiamo invitato per farci raccontare la sua vita, le sue esperienze e l’opera che ne è nata, che è nata dalla sua passione”. Don Ambrogio Pisoni, dell’Università Cattolica di Milano, presenta con queste parole il relatore dell’incontro “L’esperienza religiosa nell’ebraismo e nel cristianesimo. Il Meeting incontra The Elijah interfaith Institute”, svoltosi nella sala Mimosa B6 alle ore 19.00. Il Meeting è fatto di incontri, questo ne è un caso evidente: “Alon Goshen-Gottstein ama incontrare le persone e costruire rapporti ed è questo che gli abbiamo chiesto di fare venendo al Meeting”.
Il direttore dell’Elijah interfaith Institute di Gerusalemmme ha pubblicato vari volumi sul pensiero rabbinico e ora ha in preparazione un testo di introduzione al giudaismo per uno studente cristiano. “Il mio compito è difficile – spiega – perché è arduo raccontare me stesso, le mie esperienze e il mio istituto”. Goshen-Gottstein, rabbino ortodosso, docente universitario, studia i diversi cammini religiosi che definisce personali, quando c’è il rapporto con un tu, o impersonali quando hanno come oggetto un “qualcosa d’altro”. “Nell’ebraismo c’è un accordo tra Dio e l’uomo: ‘voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio’. Da questo accordo nasce un rapporto”, esemplifica Goshen-Gottstein. Nel mondo occidentale però la presenza di Dio, con cui instaurare un rapporto, è diventata un’assenza a causa del relativismo. “Emblematico è il Muro occidentale (conosciuto anche come Muro del Pianto) di Gerusalemme, l’unica parte rimasta del tempio, che testimonia un’assenza, cioè una presenza andata perduta, che gli ebrei però cercano di ritrovare”. Se la fede non è un rapporto con una presenza, diventa un’ideologia. Altrimenti ricerca una presenza reale: “Ora, seguendo i mistici ebrei, ho cercato la presenza personale”.
Goshen-Gottstein a questo punto parla di se stesso. Ogni anno, nel capodanno ebraico, si reca a visitare la tomba di un rabbino del XIX secolo in un paesino dell’Ucraina (“A Rimini sono arrivato più facilmente”) perché era una persona che ha raggiunto Dio ed è per tutti sempre un faro di luce. “Lui è vivo, con lui ho un rapporto e ne vedo i segni”. Qualche tempo fa, per una domanda di un’amica che cercava una scuola in cui studiare i santi cristiani, mentre era in viaggio tra Haifa e Gerusalemme, pensò di dare una svolta alla sua professione. Pensò cioè di fondare un luogo dove si studiassero i santi delle diverse religioni: ebrei, cristiani, musulmani, indù, buddisti. Nacque così l’Elijah interfaith Institute. Qui si studiano appunto i personaggi notevoli delle religioni per trovare il meglio che possa servire alla spiritualità di tutti gli uomini, alla crescita spirituale di tutti. “Lo studio dei santi è uno dei diversi progetti dell’Istituto, il cui motivo di esistere è il condividere la saggezza e incoraggiare la pace. La lezione che ho appreso da questo Meeting è venuta dalla figura di Newman che dopo la conversione ha fatto l’esperienza della sua anima e di Dio e ha posto come centrale il suo rapporto con una Persona e la sua amicizia interpersonale e interreligiosa”.
Don Ambrogio Pisoni commenta l’intervento del rabbino: “Mi ha colpito il tono personale del suo intervento e la riflessione sulla presenza e l’assenza. Mi è venuto in mente un testo di sant’Anselmo: ‘Io non potrei cercarti se tu non mi avessi già trovato’”. Don Ambrogio racconta poi della sua vita cristiana, a partire dal Battesimo, del periodo di indifferenza durante la giovinezza e alla fine dell’incontro con don Luigi Giussani in Università Cattolica, incontro che gli ha cambiato la vita e che continua a permanere. Con quell’incontro “un Altro è venuto a cercarmi e trovarmi, proprio come Andrea e Giovanni trovarono Gesù che chiese loro: ‘Che cosa state cercando?’. Una Presenza che ha detto: ‘Io sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo’”. Don Ambrogio spiega con abbondanza il brano della tempesta sedata, della manna donata al popolo nel deserto, episodi in cui Dio chiede la fede al suo popolo. “Non si può dubitare quando un uomo ha detto io sono ‘la’ via”, afferma. Su questo fondamento si costruisce: “Quella di Gesù è una presenza che crea la civiltà. Giovanni Paolo II al Meeting disse di costruire la civiltà della verità e dell’amore, perché senza verità non c’è neppure amore”. E così anche l’incontro con il rabbino Goshen-Gottstein – confessa don Ambrogio – “è stato segnato da uno sguardo che non era il mio, ma che veniva da un Altro”.

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