Rimini, 22 agosto 2015 – “Voi sapete quanto importante fosse per don Giussani l’esperienza dell’incontro: incontro non con un’idea, ma con una persona, con Gesù Cristo”. Riprendendo le parole di papa Francesco all’udienza con Comunione e liberazione del 7 marzo 2015, Alberto Savorana, portavoce del movimento, ha introdotto il tema del convegno in sala Eni B1 che ha visto tre importanti esponenti di diversi ambiti professionali raccontare le differenti modalità del loro incontro, diretto o indiretto, con il pensiero di don Luigi Giussani e interrogarsi sull’attualità del contributo che il fondatore di Cl può suggerire all’uomo contemporaneo nel rapportarsi alle complesse sfide della società presente.
Spontaneo è stato, in tal senso, ricordare la figura di don Francesco Ventorino, recentemente scomparso, che, come sottolineato da don Julián Carrón, con la sua vita è stato testimone della fecondità della sequela al carisma del sacerdote lombardo. La vocazione giussaniana all’incontro – ha evidenziato Savorana – si nutre di “una simpatia profonda verso tutta l’esperienza umana incontrata nella sua vita”, che gli donava una “volontà di abbracciare che non escludeva nessuno”, certo che quanto lo aveva affascinato avesse una portata universale. “La grandezza della fede cristiana, senza nessun paragone con qualsiasi altra posizione – disse Giussani – è questa: Cristo ha risposto alla domanda umana”. Sentire la propria umanità, “la carenza della propria vita”, è quindi condizione essenziale per comprendere tale risposta e collocare nell’oggi ogni discorso intorno al sacerdote.
Tale esigenza è stata sottolineata dal primo dei relatori, l’editorialista de “La Stampa” Gianni Riotta, che ha messo in guardia dalla tendenza, dilagante sui media e non solo, a congetturare possibili risposte di don Giussani a episodi e problemi contemporanei. “Il respiro del pensiero del fondatore di CL è ben più ampio – ha affermato il giornalista – già negli anni Settanta appariva centrato su prospettive più grandi – nei contenuti e nella durata – delle caduche polemiche oppostegli dai suoi avversari culturali ed intervistatori”. Fondamentale dovrà invece essere, ha sostenuto Riotta riprendendo l’esortazione di don Carrón, “guardare quel che Giussani diceva, non quel che avrebbe detto, quel che Giussani faceva, non quel che avrebbe fatto”.
Particolarmente utile poi sarà imitarne l’atteggiamento di domanda, “unico possibile antidoto a quella pretesa di demonizzazione dell’altro ormai imperante nella società occidentale tutta”, che, in ogni ambito della vita, addita come nemico chi pensa o vive diversamente (“in ciò, paradossalmente, riproducendo l’ideologia terroristica”). La speranza di reagire a tale tendenza, dice Riotta, è evidente in eventi come il Meeting, da 36 anni aperto al dialogo con esponenti di ogni corrente di pensiero politico e culturale.
Massimo Borghesi, docente di Filosofia morale all’Università di Perugia, citando il sottotitolo del suo recente volume “Luigi Giussani. Conoscenza amorosa ed esperienza del vero”, sottolinea che quello del sacerdote lombardo può essere definito un itinerario moderno. “Questo in virtù della sua capacità di guardare alla realtà con una sensibilità reattiva e aperta alla problematica umana”. Ne sono esempi evidenti il successo della sua linea educativa e l’apprezzamento di autori atei ma profondamente calati nel loro tempo, come Leopardi. A proiettare il pensiero giussaniano oltre il ventesimo secolo, in una dimensione moderna, sono due fondamentali categorie, il senso religioso e l’esperienza, che consentono una disponibilità al dialogo con tutto ciò che, anche di diverso e inaspettato, l’uomo può incontrare. Da lui recuperate al dibattito religioso italiano in maniera originale, tali categorie sono liberate dai sospetti di modernismo e reinserite nella grande tradizione della Chiesa, attraverso il principio di verità, che per Giussani si coniuga eminentemente con quello di libertà. “La prima, in senso oggettivo, non potrà esistere senza il percorso soggettivo esistenziale, e sofferto, della seconda – ha specificato Borghesi – e solo l’unione di queste due istanze può compiutamente inserire la fede nella storia”.
È però una terza categoria, quella dell’incontro, a rendere il pensiero di Giussani non solo moderno ma attuale. “Solo l’apertura all’incontro – ha aggiunto il filosofo – può permettere al carisma cattolico di stare di fronte alle molteplici sfide del presente, nell’unico atteggiamento possibile di ritorno alle origini evangeliche, che non si traduce in conservatorismo, ma in compiuto giudizio storico”.
L’importanza del concetto giussaniano di “incontro” è stata testimoniata dal terzo relatore, il presidente Sea (Società Esercizi Aeroportuali) Pietro Modiano, che ha raccontato della sua formazione culturale e politica. “Una formazione in ambienti milanesi in parallelo con la vicenda ciellina, ma in ambienti apparentemente ‘altri’”. Il suo recente confronto con alcuni amici del movimento si è però nutrito anzitutto del riconoscimento di una comune umanità nelle differenze, una “conoscenza amorosa” che si identifica nel “senso religioso”. Se questo, come già sentiva Leopardi, risiede nel conflitto tra finito e infinito percepito dall’uomo di ogni tempo, la soluzione che Giussani propone – ha riconosciuto il relatore – è “nell’incontro con degli amici che, volendo bene, insegnano a voler bene all’altro da sé, e dunque all’Altro che è oltre”.
Modiano ha potuto sperimentare che il Meeting, spesso accusato di settarismo o omologazione di pensiero, è invece perfetta espressione di quella intuizione di Giussani: “Il luogo della libertà è quello dove ci si pongono domande serie, cioè quelle sulla tendenza a superare il finito, che insegnano a guardare a un Altro e vincono, così, la tendenza alla sopraffazione”.
(V.Car.)