Rimini, 23 agosto 2015 – “La globalizzazione è un dato di fatto in cui siamo tutti immersi per cui dobbiamo affrontare questo momento storico come un’opportunità”. Con queste parole Miro Fiordi, vice-presidente Abi e ad Credito Valtellinese ha introdotto nella Sala Neri Conai alle 15.00 la relazione sul tema dei mercati globali e l’Italia, introdotto da Bernhard Scholz, presidente CdO. Ancora più forti le parole del secondo relatore Mauro Moretti, ad del più grande gruppo industriale italiano Finmeccanica. Parliamo dell’unico player-industriale del nostro paese ad avere una dimensione multinazionale, con il 75% della sua attività svolta sul mercato globale dell’areo-spazio e della difesa. “Se non ci adeguiamo in fretta alla realtà del mercato globale modificando sistema educativo, ricerca e innovazione, meritocrazia e base del diritto industriale, alle esigenze della nuova catena del valore – internet delle cose, cloud, nuova genomica, stampa 3D, robotica – abbiamo perso in partenza la sfida del futuro”.
Fiordi ha ricordato che “se si accetta di cambiare, si accetta un rischio. Il rischio per essere ragionevole richiede un metodo. In Italia abbiamo una scarsa educazione alla metodologia di gestione del rischio e questo è uno scoglio in particolare per le pmi. Le imprese di media dimensione e i gruppi industriali che hanno fatto questo percorso, cambiando concezione di sé e dell’azienda, hanno imparato a stare nei mercati internazionali. Il potenziale in Italia è enorme, basti considerare che la quota dell’export italiano rispetto al pil è passata dal 40 per cento del 1995 al 55 per cento del 2015”.
“Le medie aziende italiane – ha continuato il banchiere – sono riuscite a inserirsi nella catena del valore mondiale, mentre abbiamo ancora troppi prodotti a basso valore aggiunto che spingono la competitività più sul margine commerciale che sull’innovazione. Il clima culturale e sociale italiano non è favorevole al cambiamento e questo è un limite per le imprese e per il Paese perché oggi cambiare è necessario ed utile per poter competere in maniera adeguata”.
Le banche, ha osservato Fiordi, stanno affrontando numerosi cambiamenti come l’Unione bancaria europea con la vigilanza passata alla Bce e la costruzione del meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie che diverrà operativo a gennaio 2016. Inoltre, ha ricordato il banchiere, le banche si stanno accordando per creare fondi di garanzia europei dei depositanti nel caso di istituzioni finanziarie insolventi. “Tuttavia – ha aggiunto – le note positive sull’Europa si scontrano con una proliferazione continua di leggi sulle materie finanziarie e bancarie. Solo negli ultimi due anni si sono avuti cinquecento provvedimenti, che comportano costi e adeguamenti operativi molto pesanti. Inoltre le regole fissate non possono cambiare ogni anno, penso ad esempio all’indice di patrimonializzazione minimo, perché altrimenti non si può fare nessuna programmazione della propria attività e i mercati di fronte alle incertezze reagiscono male”.
Il problema che in Italia ci siano troppe banche – ha continuato il Vice-presidente – è una falsa questione “perché in Inghilterra dove sono rimaste quattro banche, l’accesso al credito è notevolmente peggiorato portando a molti fenomeni di usura”. In conclusione Fiordi esprime un concetto ripreso successivamente anche dall’ad di Finmeccanica: “Il diverso livello di tassazione presente all’interno dei Paesi Ue non mette tutti i soggetti nelle condizioni di competere allo stesso livello”.
Secondo Moretti infatti “è difficile muoversi sul mercato globale quando ciò che in Italia è considerato reato penale, in Francia e in altri Paesi non lo è affatto. Per questo nelle transazioni commerciali Finmeccanica utilizza spesso il diritto anglosassone e quando si muove nell’area asiatica quello cinese. Sarebbe necessario che almeno l’Ue si desse una base di diritto comune”. “Nel nostro Paese – ha continuato Moretti – abbiamo dieci volte più leggi degli altri paesi europei e difficilissime da interpretare, senza il lavoro di uno stuolo di avvocati”.
Paesi come la Corea e anche l’Iran, nonostante gli anni di isolamento, presentano un trend di laureati in materie scientifiche che favorisce la competitività di quelle nazioni e che dà possibilità di lavoro ai giovani. Questo permette ai sistemi di innovarsi perché scommettono sul cervello delle persone: “Gli investimenti in ricerca e sviluppo, grazie alle competenze acquisite dalle persone e alle capacità finanziarie delle grandi imprese sono la priorità per il rilancio del Paese”.
(C.B., A.S.)