Rimini, 24 agosto 2015 – Annamaria Furlan, segretario generale della Cisl e Giulio Sapelli, docente di Storia economica all’Università degli studi di Milano, sono intervenuti all’incontro dedicato ai corpi intermedi. Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha introdotto l’incontro chiedendo quale ruolo ha oggi il sindacato. Per Sapelli il sindacato è quello di sempre. I singoli da soli non riescono nei loro scopi allora si associano per raggiungere gli obiettivi comuni: “Tocqueville osservando la società americana afferma: se non riesco io da solo, ci riesco associandomi”. Lo sforzo associativo del sindacato è finalizzato a raggiungere condizioni eque per i lavoratori sul mercato. “C’è un’altra concezione di sindacato di carattere classista – ha proseguito lo studioso – che vuole rappresentare gli interessi generali, che però nessuno sa esattamente quali siano. La Cisl, invece, riconosce gli interessi dei soci. Oggi si parla tanto di crisi dei corpi intermedi, io invece parlerei di crisi di rappresentanza. Occorre ricreare una cultura dei corpi intermedi, una vera cultura della sussidiarietà operativa, perché senza corpi intermedi non si governa”.
Dal canto suo Furlan ha sottolineato che il sindacato deve tenere unite le generazioni, come accade al Meeting, “solo questo può dare speranza ai giovani perché il lavoro non sia sentito come un malessere” ma un momento importante di crescita economica e personale per i singoli e le famiglie. “Occorre un sindacato – ha proseguito il segretario della Cisl – che abbia coraggio di dire la verità, che crei momenti d’incontro. A novembre organizzeremo un assemblea per discutere di cambiamento. Occorre un sindacato – ha aggiunto – che non perda la memoria storica. Il sindacato ha fatto cose importanti per questo Paese, penso al ‘Patto di San Valentino’ o agli Accordi di concertazione del ’92 e del ’93 per rendere stabile e competitivo il nostro sistema. Purtroppo ci sono motivi politici che vogliono mettere da parte il sindacato. Al contrario – ha concluso – è necessario il coinvolgimento delle rappresentanze sociali per il futuro del paese”.
A questo punto Vittadini ha chiesto ai due interlocutori di rispondere sulle attuali condizioni economiche del lavoro e dei lavoratori. Sapelli prende le mosse dalla crisi finanziaria “derivata dall’indebitamento pubblico e privato a causa della continua distruzione del capitale umano”. “Esso è fatto di know-how e esperienza – aggiunge l’economista – tuttavia quando le dinamiche salariali tendono ad abbassarsi per poter essere competitivi, si crea disaffezione al lavoro. Dobbiamo legare la produttività ai salari per aumentare il potere di acquisto e così far riprendere la domanda interna”. Il lavoro anche come concezione comune si trova in un deserto, osserva Sapelli, perché “si è rotto il giusto rapporto fra intellettuali e popolo e non viene più narrata la sua dignità, come ad esempio a suo tempo fece Péguy”.
Da parte sua Furlan ha rilevato la necessità di un cambiamento forte in Europa. “Nel mondo è passato il concetto che si produce ricchezza grazie alla speculazione finanziaria più che con il lavoro. Su questo tema anche la Chiesa ha alzato la sua voce. Un’altra crisi finanziaria, che purtroppo non dobbiamo considerare impossibile, creerebbe una condizione gravissima di povertà mondiale. Occorre – ha insistito il segretario Cisl – un nuovo statuto economico per l’Europa che superi il ‘fiscal compact’. Ci vuole un sindacato transnazionale competente e in grado di contrattare in Europa; non tanti sindacati di tanti paesi”.
Proseguendo nel dibattito Vittadini ha domandato ancora quale sia la prospettiva futura dei giovani nel sindacato e nel lavoro. La crisi dei giovani – è la risposta di Sapelli – è una “crisi d’attesa”, perché in definitiva “attendono maestri cioè esperienze capaci di aiutarli a superare i miti edonisti, consumistici di questa società. Per questo occorre ridare dignità al lavoro”. Se una ragazza vuole fare la parrucchiera – si chiesto lo storico – cosa c’è di sbagliato? “Abbiamo abbandonato la dignità e il senso del lavoro manuale e intellettuale come capacità di sacrificio”. C’è bisogno di una rivoluzione culturale del lavoro e in questo i governi e le imprese fanno troppo poco: “Il sindacato ha la grande responsabilità di influenzare le organizzazioni sociali e i partiti per aiutare i giovani a ritrovare la dignità del lavoro”.
“Questo è uno dei temi che appassiona moltissimo il dibattito politico e culturale odierno – ha aggiunto Furlan nel rispondere alla domanda di Vittadini – negli ultimi quindici anni non si sono proposti molti modelli educativi, al contrario il nostro paese è il primo in Europa per corruzione. Siamo un paese che sul piano previdenziale divide le generazioni, che non educa ai valori fondamentali, alla dignità del lavoro, alla responsabilità, che afferma l’apparire più che l’essere”. Proseguendo la sua denuncia Furlan ha rilevato che “il sindacato deve farsi conoscere di più, deve dedicare più tempo ai rapporti di conoscenza sul posto di lavoro, recuperare il valore sociale del lavoro che significa stare insieme”. Il rinnovamento infatti riguarda tutti, compresi sindacati e partiti, “non basta che i giovani si iscrivano al sindacato ma occorre chiedersi se il sindacato sia attrattivo per i giovani. Credo – ha concluso – che sia compito di questa classe dirigente promuovere una politica che apra ai giovani, che offra la possibilità del ricambio generazionale, della rappresentanza senza traumi ma che sappia guardare avanti e sappia proiettare il sindacato verso il futuro”.
Siamo su un crinale – ha concluso Vittadini – in cui sono saltati tutti gli schemi. Quello che fino a ieri era scontato oggi non lo è più, come evidenzia l’ultima enciclica di papa Francesco. È necessario fare come Ulisse, andare oltre le colonne d’Ercole. “I corpi intermedi non sono più quelli di una volta e l’imprevisto è muoverci verso un’economia diversa, un economia dal volto umano”.
(A.Cap., A.S.)