L’altro è un bene… nella ricerca

Press Meeting

Interfaccia cervello-macchina, nanotecnologie e non solo, in scena alle 19 al Salone Intesa Sanpaolo B3, con protagonisti della ricerca scientifica e della tecnologia avanzata: Mauro Ferrari, Presidente e ceo Houston Methodist Research Institute e Alessandro Vato, Responsabile del Laboratorio di Neural Computer interaction nel Neural Computation Laboratory dell’Iit di Rovereto.

“Pur assumendo la tensione positiva che anima la ricerca, innata nella natura dell’uomo – annota in apertura Marco Bersanelli, Docente di Astrofisica all’Università degli Studi di Milano – l’esito non è scontato. Il miglioramento delle condizioni in cui operiamo pone domande nuove e ci chiama a giudicare lo scopo e il significato dell’azione”.

Vato racconta di essersi appassionato alla ricerca in questo campo capitando per caso in una lezione ove colui che è diventato poi il suo maestro, spiegava la possibilità che una cellula neuronale potesse essere associata ad un transistor. Passando poi attraverso le immagini visionarie del cinema degli anni Venti e dei film di fantascienza, ha illustrato le frontiere cui è finora giunta la tecnologia dei cyborg. “Questa tecnologia tende a mettere insieme artificiale e naturale. Per fare questo ci vuole grande coraggio e rispetto, perché si deve accettare di fare i conti con gli enormi limiti di ciò che fino ad ora conosciamo, specie del cervello”. Una concreta applicazione riguarda ad esempio il recupero della funzionalità di un arto amputato o paralizzato e Vato mostra un filmato di grande effetto. Il sorriso soddisfatto di una signora paraplegica che, grazie a microelettrodi direttamente collegati in corteccia, le consentono di controllare con il solo pensiero un braccio robotico che le permette di bere un bicchier d’acqua.

Ferrari è uno dei fondatori della nano/micro-tecnologia biomedicale, ma quel che colpisce è la lucidità con la quale delinea il rapporto tra la scienza e la domanda di significato che vive: “Ringrazio il Signore che ci dà uno strumento per capire e usare e ci dà la motivazione per studiare e capire: il servizio all’uomo. Senza questa finalità non riesco ad appassionarmi a cose scientifiche”.

Racconta la frontiera più recente dei nanocanali, giunta a sperimentare su una stazione spaziale orbitante un impianto sottocutaneo che, come una ghiandola, è in grado di rilasciare farmaci per lunghi periodi di tempo. Poi però racconta di Laura, che ha perso una gamba che la tecnologia attuale non riesce a restituirle, nemmeno con un cyborg. Un limite insormontabile di fronte ad una persona concreta che si trova da mesi in terapia intensiva. “Cosa fare? La chiave fondamentale del nostro lavoro è accompagnare. Non si può pensare solo agli aspetti tecnici. L’umano è al di là del tecnico”, aggiunge. E poi mostra un video in cui è a fianco di Laura che con le stampelle taglia sorridente il traguardo di una corsa podistica della sua città.

“Tutto rischia di diventare sterile, conclude, se non si riconosce una capacità di desiderio che viene da Dio e non si offre a Lui tutto quel che si fa, domandando di infiammare la volontà e santificare l’anima”, come recita la preghiera di papa Clemente XI e che Mauro Ferrari dedica a tutti i ricercatori.

“L’unica motivazione che realmente appassiona è il bene per l’altro – conclude Bersanelli – se non hai presente questo la ricerca non è affascinante neppure per te. Questo è l’orizzonte per non perdere sé in questo rapporto sempre più intenso con la realtà”.

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