I criteri della scelta del percorso lavorativo.

Press Meeting

Si è tenuto oggi, alle 12:30, il terzo incontro del ciclo “Ognuno al suo lavoro”, nell’omonima Arena B1. Ad intervenire sono stati Giampiero Casertano, fumettista di “Dylan Dog” per Bonelli editore, e Alessandro Rota, presidente di Coldiretti Milano e titolare di una azienda agricola. I relatori hanno messo in risalto lo stretto collegamento tra il proprio lavoro e la loro vita, sottolineando come l’uno non possa prescindere dall’altra, e viceversa.

Rota, cresciuto in una famiglia proprietaria di una azienda agricola, decide di intraprendere gli studi per ingegneria meccanica. Laureatosi, si trova a dover decidere se seguire una carriera in tale direzione, con alcune offerte già presentategli, oppure investire nell’attività familiare, con le conseguenti incognite a livello economico. Dopo aver lavorato per un breve periodo in una società, si ritrova insoddisfatto. Così, di fronte alla moglie che gli dice che preferisce vederlo arrivare a casa felice piuttosto che con uno stipendio più consistente, abbandona l’impiego in società e decide di scommettere sul suo sogno da bambino. Con il tempo assume ruoli sempre più importanti, fino a che, nel febbraio del 2015, viene eletto presidente di Coldiretti Milano a soli 28 anni. Trovandosi così a dover fronteggiare le grandi decisioni della vita e le sempre maggiori responsabilità, si accorge che nella scelta sul “cosa fare”, il criterio più importante è il “chi si è”. E afferma: «Ho creduto fin da piccolo che esistesse “il lavoro della vita”. Per me era fare l’agricoltore. Invece sto capendo sempre di più che esiste la vita in quanto tale. Essere marito di mia moglie, padre dei miei figli, agricoltore, presidente di Coldiretti: tutto questo è unito, è un tutt’uno. Non sarei io se al lavoro non portassi anche il mio essere padre e marito».

Dello stesso parere anche Casertano, che afferma: «Io, in un certo senso, non ho avuto scelta su che lavoro fare da grande. È stato il mio lavoro che ha scelto me. È stata una scelta quasi obbligata: da quando sono nato ero fatto per disegnare, e così son diventato fumettista». Racconta dei suoi anni in bottega, alla giovane età di 15 anni, della formazione ricevuta allora e di quando poi è arrivato il primo lavoro vero, in Bonelli. Ma in tutto questo, non dimentica la cosa più importante: «Attraverso la mia professione, passa quello che sono io in quanto persona, il mio modo di essere, di vedere le cose, di vivere. Nel suo esito, il lavoro dice qualcosa di chi lo fa. Per questo, se quando disegno non sono stato leale con me stesso e con quello che sono davvero, vado a letto non soddisfatto dei miei disegni». E conclude: «L’importante nel lavoro e nella scelta di esso è non censurare nulla di sé stessi, non mettere da parte nulla di sé. Solo così potrete fare un lavoro che vi renda felici».

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