Il bello della diversità.

Press Meeting

Per la rassegna “Un caffè con…” questa sera alle 18.30 si è tenuto l’incontro “Il bello della diversità. Incontro con Wael Farouq e i giovani di SWAP”. Il docente di lingua araba presso l’Università Cattolica di Milano e tre studentesse, Yasmin El Habak, Omnia Abbas e Monica Tawfilas, hanno offerto la loro testimonianza al numerosissimo pubblico che continua a gremire l’Arena “Nuove Generazioni” A1.

Farouq introduce l’incontro con una critica alla definizione “seconde generazioni”; non la riconosce adeguata per delle persone: «Seconde di chi? Di che cosa?. Dobbiamo pensare che questi ragazzi si trovano spessissimo nella condizione di “straniero perfetto”», prosegue il professore, «considerati non del tutto italiani e non più riconosciuti dai loro paesi d’origine. È una condizione che può generare profonda sofferenza». Wael Farouq prosegue la sua introduzione raccontando la storia del caffè; un prodotto che noi tutti consideriamo italiano per eccellenza. Dal suo racconto si evince che non è così: ogni cosa presente nella realtà è frutto di passaggi, contaminazioni e mescolanze. In una piccola tazza di bevanda il caffè porta in sé diverse culture e identità. «Il mondo è più grande di questa piccola tazza. Pensate allora cosa sono questi ragazzi e come sia ingiusto definirli in una mera classificazione».

L’affermazione del docente prende vita di fronte alle brevi, efficaci e talvolta sofferte esperienze delle tre studentesse. Bellezze egiziane e accenti lombardi. A turno raccontano l’esperienza di SWAP, di come l’incontro con Farouq abbia consentito l’inizio di un dialogo vero tra loro ed un cammino di maturazione di ciascuna: «È difficile crescere avendo dentro due mondi diversi». Chiosa Omnia: «Grazie a SWAP sono riuscita a ritrovare me stessa e a dialogare con tutti nella bellezza della nostra diversità». La sua amica Yasmin si confronta con il tema delle famiglie d’origine: «Di fronte al problema di chi siamo, è stato necessario chiederci anche chi sono i nostri genitori e come interagiamo con loro, perché sono partiti, che shock culturale hanno subito e come hanno riformulato i valori che ci hanno trasmesso». Le risposte a queste domande non sono mai scontate: «Ognuna di noi le ha riformulate in base alla propria indole ed esperienza. È stata una ricostruzione di identità». Ciascuno si può riconoscere nei percorsi umani di queste giovani vite. Monica, ad esempio, racconta un aneddoto vissuto con la propria madre, tipico del salto generazionale che riguarda ogni ragazzo di questa età: «Ora sono certa che ciò che mi hanno trasmesso i miei genitori sia stato un contributo a diventare una persona migliore».

Farouq termina con un appello all’uso della ragione e alla stima della libertà dell’individuo. Con parole calde ed accorate, generando la commozione generale, ricorda i martiri cristiani in Egitto e in Iraq e le vittime degli attentati: «Voglio celebrare con voi il sacrificio di questi uomini. Dobbiamo onorarli, hanno scelto di morire per far vivere la vita».

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