Bisogna accettare di lasciarsi educare e farsi orientare su come cambia il lavoro, per riuscire a trovarlo. E, soprattutto, occorre farsi aiutare a valorizzare le proprie attitudini. Stesso giudizio con voci ed esperienze diverse: è quanto è emerso dall’incontro al Meeting su “Lavoro: formazione e innovazione” (Hall Sud Sala Neri, ore 11:15), al quale hanno partecipato il manager Maximo Ibarra, l’imprenditore e vicepresidente esecutivo di Italian Exhibition Group, Matteo Marzotto, e Mario Mezzanzanica, professore di sistemi informativi all’Università di Milano-Bicocca, introdotti da Tommaso Agasisti, professore nel dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano.
Ibarra ha “letto” il momento attuale: «Nel cambiamento attuale, a causa della tecnologia che avanza, un giorno equivale a un anno, e questo non permette di osservare la realtà con tranquillità. Occorre, dunque, dinamicità, e la persona diventa centrale, con le sue attitudini». Una situazione da tenere in considerazione e che riguarda chi cerca lavoro e chi già ce l’ha, perché le organizzazioni aziendali sono spesso obsolete e devono aprirsi al cambiamento, servendosi di contributi professionali esterni e modificando quelli interni, soddisfacendo attitudini e suscitando nuove professionalità. E nella scuola? «Da soli», ha rilevato Ibarra, «non si va avanti. La persona nella scuola è al centro di tutto, e le persone sono diverse l’una dall’altra; hanno talenti, bisogna riconoscerli. I ragazzi danno buoni risultati quando sono ben indirizzati rispetto alle proprie attitudini».
Matteo Marzotto è partito dalla sua esperienza personale: «Viviamo in una società che insegna solo a vincere. Mio riferimento è stato nonno Gaetano, e ho capito che non avevo quella stoffa. Ho cercato di riguadagnare la storia imprenditoriale che mi precede, con tutti i miei limiti, ho litigato anche in famiglia; uno può fare la propria avventura, ma senza miti. “Volli, fortissimamente volli”, come diceva Alfieri, e ho trovato la mia motivazione». Marzotto ha delineato il mondo del lavoro oggi come una clessidra: «Nella parte alta ci sono i giovani che accettano le sfide, nella bassa, non quelli del “posto fisso”, ma quelli che si adagiano nel tran tran delle cose. Ma questo non è giusto»
Il professor Mezzanzanica ha riportato la discussione sulla comprensione del contesto in cui ci muoviamo: «Nel 2003 la partecipazione al mercato del lavoro in Italia era al 56,1 per cento; nel 2016, al 57,3 per cento. In 14 anni è cresciuta di poco, nonostante gli interventi di governi di centro-sinistra, centro-destra, tecnici e un mix di centro-sinistra e centro-destra. Non è che non abbiano prodotto nulla, sennò la percentuale sarebbe scesa, ma le riforme non hanno cambiato in modo significativo la struttura del mercato del lavoro. Rimane il problema dei giovani, delle donne, e del lavoro nel Sud del Paese». Il docente di Milano-Bicocca ha indicato i fattori principali di cambiamento del mondo del lavoro: la mobilità (anche dei contratti), le competenze digitali, la polarizzazione delle professioni, con un mercato che sceglie le alte e le basse competenze, «mentre noi abbiamo puntato sulle intermedie.
Ibarra ha poi sottolineato l’importanza di acquisire, per trovare lavoro, attitudini come la «trasversalità di pensiero, la disponibilità a mettere le proprie competenze al servizio della realtà in continua evoluzione e la capacità di lavorare con le altre persone e i gruppi». Senza dimenticare l’ottimismo e la positività. Marzotto, infine, ha parlato dell’importanza dei fallimenti nelle esperienze lavorative: «Qualche bastonata è utile, crea umiltà». Ma soprattutto, ha concluso Mezzanzanica, serve «accettare la sfida del cambiamento ed avere chiaro che cosa uno vuole».