«Manca il coraggio di annunciare che crediamo in questo amore, che ci vuole una presenza per riempire questo vuoto. Se c’è una lezione della visita del Papa in Egitto è esattamente questa: in modo semplice è riuscito a conquistare il cuore degli egiziani, facendo cadere gli stereotipi». Sono le parole con cui Wael Farouq, professore di lingua e letteratura araba all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha aperto l’incontro “Quando le religioni generano una speranza: il Papa in Egitto”, che si è svolto alle ore 19:00 presso il Salone Intesa Sanpaolo B3. «L’assassino non conosce nulla delle sue vittime, conosce solo sé stesso. Conosce l’odio e non conosce l’amore, e chi non conosce l’amore non ha altra salvezza che la morte. Non c’è resurrezione per la sua anima perché lei stessa è la tomba, la prigione. Finita l’utopia dell’ideologia rimane solo la morte», ha poi affermato.
Mostafa El Feki, direttore della Biblioteca di Alessandria, ha proseguito sottolineando che «il Papa con la sua visita ha dato la sua testimonianza, un grande schiaffo al terrore nella regione, e un messaggio ai cristiani in medio Oriente che hanno sofferto tantissimo negli ultimi trent’anni». La maggioranza dei musulmani sostiene i cristiani, ha affermato l’egiziano, aggiungendo che «devono stare nella loro terra, non lasciarla. Capiamo la loro sofferenza, hanno pagato un prezzo altissimo, e noi musulmani vogliamo essere lungimiranti, garantendo i diritti nella loro terra: è la loro terra, non c’è discussione».
Le religioni, ha proseguito, «al di là della parte spirituale, sono movimenti di riforma che servono a dare più valore al genere umano. Tutte le tre grandi religioni monoteiste predicano per questo, e i loro insegnamenti dovrebbero essere accettati da tutti. L’Egitto è una delle nazioni più religiose al mondo, nella capitale ci sono nove sinagoghe per gli ebrei, e abbiamo migliaia di chiese, oltre ai più grandi monasteri al mondo. L’Egitto è la terra di Mosè, dove la Sacra Famiglia ha attraversato il Paese. E poi ha ricevuto l’islam. Molti musulmani vanno in chiesa a chiedere benedizione per i loro figli. Le persone che cadono nel terrorismo non sono religiose, sono solo infelici della loro vita».
Ha infine sostenuto Javier Prades López, rettore dell’Università San Dámaso di Madrid: «La storica visita del Papa in Egitto ci costringe a decidere se vogliamo favorire un’esclusione reciproca o una cultura dell’incontro. L’importanza storica che il Papa ha dato all’Egitto, nel condannare e sconfiggere ogni violenza, è centrale».
In Occidente «si immaginava l’arrivo di un mondo totalmente secolarizzato, con l’autoliquidazione del religioso», ha poi affermato Prades López, ma, visto che i dati dimostrano il contrario, «la tesi di una secolarizzazione universale non è più sostenibile», in quanto la somma di cristianesimo e islam rappresenterà nel 2060 il 60% della popolazione mondiale. «L’islam predica una forma di monoteismo che intende riformare e superare quello giudaico-cristiano, diversamente delle religioni dell’Estremo Oriente». La domanda è se può esserci compatibilità nella sfera pubblica. «A partire dalla Riforma, il posto di Dio è stato occupato dalla ragione, la scienza, lo Stato, la storia, la razza, il mercato, ma oggi si parla di una modernità insoddisfatta: il progresso tecno-scientifico e lo sviluppo economico-sociale non è stato accompagnato da un progresso analogo per le domande ultime sul senso della vita e su Dio», ha risposto il rettore. Perciò «la presenza musulmana in Europa mette in luce la mancanza una risposta condivisa circa i valori universali dell’antropologia e della religione: è necessario rivedere il modello sociale ora vigente, per raccogliere le sfide poste dalla presenza dei musulmani in Europa. E il lungo cammino che ha percorso l’Occidente offre elementi preziosi per i popoli musulmani».