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IDA
Presentazione e proiezione del film di PaweÅ Pawlikowski. A seguire dibattito con Maria Gabriella Pediconi, Docente di Psicologia Dinamica allāUniversitĆ degli Studi di Urbino e Joseph Weiler, Presidente EUI (Istituto Universitario Europeo). Introduce Letizia Bardazzi, Presidente AIC (Associazione Italiana Centri Culturali).
LETIZIA BARDAZZI:
Buonasera a tutti, ben arrivati grazie per essere qui. FarĆ² una brevissima introduzione e poi lascerĆ² alla visione del film, a seguire il quale i nostri ospiti di stasera vi intratterranno in un dialogo fra loro. Ida ĆØ un film del 2013, diretto da Pawel Pawlikowski, di produzione principalmente polacca, ĆØ stato scritto dal regista stesso e da Rebecca Lenkiewicz. Nel 2015 ha vinto il premio Oscar per il miglior film straniero e ha avuto molti premi in nomination, ĆØ stato anche segnalato dalla CEI come un film per lāanno della misericordia. In unāintervista al London Film Festival, Pawlikowski dice che a creare Ida sono stati tanti elementi, innanzitutto ha avuto in mente due personaggi che si rifacevano alle due protagoniste principali in cui lui si era imbattuto personalmente. Inoltre, ha detto che lui voleva che il film fosse una riflessione su fede e identitĆ , perchĆ© la domanda che lui si portava addosso era: come fa la fede a conquistare una vita? E questa conquista, ĆØ una convenzione dettata dalle regole, dallāambiente, da quantāaltro o ĆØ una forza vera? il film affronta temi delicati e importanti come quello dellāidentitĆ , dei legami di sangue, della fede, del senso di appartenenza che lui stesso ha vissuto in prima persona. Eā un viaggio nelle ferite della storia, nella Polonia misera e deprimente dei primi anni ā60 che racconta il cammino di una giovane novizia alla ricerca delle sue origini e della sua fede, con due protagoniste che – vedrete – lasceranno una traccia in noi. Vi dico subito che per me lāadesione a questo film ĆØ stata la scoperta che niente vale di piĆ¹ di un sƬ libero detto alla veritĆ , pur nel dramma della libertĆ e della ragione, con tutta se stessa. La protagonista giunge al compimento di sĆ©, questa ĆØ la mia personale lettura: vi sottolineo lāapprezzamento della critica internazionale alla fotografia che ĆØ eccellente e ha unāimpaginazione in bianco e nero che ci fa pensare ai grandi maestri del cinema, in particolare a Bergman, Tarkovskij, e nel particolare la chiusura con Bach. Questo ĆØ tutto, vi introduco solo brevemente i nostri ospiti di stasera cosƬ che, al termine della visione, saliranno sul palco e inizieranno il dialogo. Sono il professore Joseph Weiler: grazie a lui abbiamo deciso di vedere questo film perchĆ© ha caldeggiato vivamente la proposta di questa visione. Come sapete, ĆØ Presidente dellāIstituto Universitario Europeo, giurista di grande fama internazionale, grande amico del Meeting da tanti anni. Con lui, la professoressa Maria Gabriella Pediconi, docente di Psicologia Dinamica presso lāuniversitĆ degli Studi di Urbino. La professoressa unisce allāinsegnamento la ricerca in campo psicologico, psicoanalitico e delle scienze sociali: io farei un primo applauso ai nostri due ospiti stasera. Vi auguro una buona visione.
Video
JOSEPH WEILER:
Buonasera, sono le dieci e mezzo, finiamo alle undici? Un anno fa, proprio al Meeting, ho parlato con la Emilia e le ho detto: āGuarda, secondo me puĆ² essere interessante al prossimo Meeting far vedere il film Ida e discutere un poāā. Lei mi ha detto: āChe cosa ĆØ questa Ida?ā. Lāho spiegato e la reazione di Emilia ĆØ stata: un film polacco, in bianco e nero, non penso. Le ho detto che valeva la pena di vederlo ed eccoci, siamo qui. Si dice un film in bianco e nero ma in realtĆ non ĆØ in bianco e nero, ĆØ grigio, e anche il film stesso ĆØ grigio, pieno di ambiguitĆ e di tanti profili diversi. Vi darĆ² alcuni esempi: da una parte cāĆØ la Madre Superiora che ha una coscienza religiosa, profonda e nobile, del fatto che la scelta di Ida debba essere fatta con piena coscienza della sua identitĆ . Le dice che non potrĆ prendere i voti fino a che non incontrerĆ la zia che prima non voleva vederla: dopo spetterĆ a te decidere se vuoi o non vuoi essere suora. Giovanni Paolo II, prima ancora di essere vescovo, quando era prete a Cracovia, ha trovato tanti ragazzi ebrei tipo Ida e li ha salvati: dopo la guerra, molti di loro sono stati anche battezzati in buona fede. Il governo israeliano li aveva cercati a Varsavia per portarli in Israele e farli crescere come ebrei. Allora i genitori erano andati da Giovanni Paolo II dicendo: āCosa dobbiamo fare?ā. Amavano questi ragazzi come fossero i loro figli. La sua risposta fu di una squisitezza morale, etico-religiosa non paragonabile. Disse: āOgnuno di voi deve pensare cosa avrebbero voluto i genitori dei figliā. Quasi tutti sono finiti in Israele: la stessa nobiltĆ mostra la Madre Superiora. Dāaltra parte, il prete nel paesino dove erano stati assassinati i genitori, il figlio della zia, ĆØ un complice silenzioso, o perlomeno tenta di coprire il crimine terribile che ĆØ stato commesso.
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
Chi ĆØ il complice?
JOSEPH WEILER:
Il prete, perchĆ© sapeva. Gli hanno dato la figlia e lui ha fatto finta di non sapere nulla: ecco un esempio dellāambiguitĆ del grigio. Da una parte, la madre superiore, di una nobiltĆ squisita, dallāaltra parte il prete, con un ruolo molto piĆ¹ ambiguo. Prendiamo la stessa zia, una personalitĆ in un certo senso tremenda, sanguinosa, rappresenta la giustizia del popolo comunista che era tante cose ma non giustizia, una vita che quasi non rispetta nessuna norma. Ma ĆØ proprio per questa sua durezza che ĆØ lāunica che con insistenza scopre la veritĆ di quello che ĆØ successo. Senza di lei, una persona con questa personalitĆ , non sarebbero rimaste tracce di quello che ĆØ successo. Vi ĆØ un terzo esempio di questo non bianco e nero ma grigio nel film: ĆØ sempre la zia, perchĆ© ci sono due protagonisti principali, Ida e sua zia: da una parte, ĆØ una persona repellente, dallāaltra, quando scopriamo che ha lasciato il proprio figlio per andare a combattere i tedeschi come polacca, e mentre combatteva i tedeschi come polacca gli stessi polacchi hanno ammazzato sua figlia, almeno cominciamo a capire meglio la sua personalitĆ , le sue azioni. E poi dico una cosa che puĆ² sembrare dura: lo stesso assassino, il figlio del padre, mi fa pensare alla Bibbia, libro I, cap. 21. CāĆØ una delle frasi piĆ¹ famose della Bibbia che il profeta Elia dice al re Acab: āHai assassinato e anche ereditatoā. Nel momento terribile in cui si scoprono le ossa delle sue vittime si capisce che anche questo atto di ambiguitĆ morale: se i tedeschi avessero scoperto che suo padre nascondeva ebrei, avrebbero fatto fuori tutta la sua famiglia. Ha salvato la ragazza ebrea perchĆ© aveva un aspetto polacco e non era circoncisa. In questo assassino cāĆØ unāambiguitĆ morale: chi puĆ² dire con certezza che non avremmo fatto la stessa cosa? Almeno possiamo capire che era in gioco una scelta morale difficile. CāĆØ Ida, cāĆØ questo atto nobile della Madre Superiora, Ida che esce e scopre lāidentitĆ ebrea, si confronta con la realtĆ di essere ebrei, va a seppellire i propri genitori in un cimitero ebreo e dice: āMa non ci vuole un prete?ā. E la zia dice: vale la pena che tu provi lāalternativa. E allora prova lāalternativa: balla, fa lāamore, beve, si veste con abiti civili e alla fine prende la decisione in piena coscienza e torna alla sua vocazione come suora. Questa ĆØ la lettura classica. Un giorno con la professoressa Pediconi avevamo parlato del film: io ero molto colpito perchĆ© lei aveva colto alcuni elementi fondamentali che sfidano la lettura classica. E ho deciso che sarebbe stato molto interessante e fondamentale anche per noi, per capire il film in piena coscienza, ascoltare anche queste interpretazioni alternative. Sono due gli elementi che mi hanno colpito. La prima ĆØ la prova: Ida ha provato la vita alternativa che le aveva suggerito la zia o era una prova finta, falsa, superficiale? PerchĆ©, se non era una vera prova, non possiamo dire che in piena coscienza ha esercitato la libertĆ sapendo cosa significava.
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
Ringrazio il professor Weiler e anche il Meeting che mi ha invitato qui a prendere la parola. Ti ringrazio anche di questa presentazione, perchĆ© cosƬ sapete giĆ che io non confermerĆ² affatto lāinterpretazione classica. Io stessa sono stata interrogata da questo film vedendolo piĆ¹ volte e la prima cosa che ho pensato, o meglio mi sono chiesta, ĆØ se lei davvero ha fatto la prova oppure no. La mia risposta ĆØ no. Adesso proverĆ² a dirvi sulla base di quali elementi io ritengo che la prova di Ida sia quanto meno insufficiente: non possiamo dire che non ha provato niente ma chiediamoci se ha concluso la prova oppure se lāha lasciata a metĆ . Per rispondere a questa domanda, ripercorrere brevissimamente alcuni passaggi del rapporto tra Ida e la zia, perchĆ© il contesto della prova, il contesto segnalato anche dalla Madre Superiora, ĆØ proprio il rapporto con la zia: āVai, hai una zia, non la conosciā. Lei chiede: āMa ĆØ necessario?ā. Ecco la prudenza della tradizione della Chiesa nei secoli: āSƬ, vai a conoscere tua ziaā. Lāincontro ĆØ subito pregnante perchĆ© la zia le rivela che i suoi genitori erano ebrei e dice: āTu sei la suora ebreaā. Avrete notato, forse ricorderete, che lei risponde subito āChi?!ā. āSei ebrea. Non te lāhanno detto?ā. Oggi il professor Weiler diceva attenzione alla metodologia, anche io vi dico la mia metodologia, tratto il film come un campo di osservazione e tratterĆ² questi individui, i protagonisti di questo film, come degli individui di cui si possono osservare pensieri, parole, opere e omissioni. Torniamo alla zia che dice: āNon te lo hanno detto?ā. Guardate, questa sottile domanda puĆ² sembrare da niente, di fatto la zia getta unāombra sulle persone che si sono occupate di Ida fino a quel momento, cioĆØ le suore che lāhanno allevata e a cui lei era affezionata, legata. Lei pensa per la prima volta che le suore non le hanno detto qualcosa. Eh, giĆ , ma noi pensiamo: chi ha detto che glielo dovevano dire le suore? Non poteva essere forse lei, la zia, a recarsi dalle suore, che tante volte lāavevano invitata, per dirglielo? Ma Ida viene a sapere di questa sua identitĆ ebraica con questa sfumatura, con questa ombra. Le due si conoscono in macchina, ricorderete che la zia dice a Ida: āTi chiami Idaā. Da questo momento noi dimentichiamo che il suo nome, il primo nome con cui ĆØ stata chiamata, ĆØ Anna, anche per noi diventa subito Ida. CāĆØ questo passaggio, shiftiamo anche noi su Ida. La zia le dice: āSei bella, sei molto carina – ĆØ la prima volta che Ida probabilmente se lo sente dire -, gli uomini impazzirannoā. āPensieri peccaminosi?ā, lei, vedete, non ĆØ una sprovveduta. Ida: āSƬ, a volteā. āAmore carnale?ā. āNoā. āMmm, dovresti provare, altrimenti che rinuncia ĆØ la tua?ā. Anche qui, attenzione, perchĆ© questa frase della zia contiene una istigazione a provare: āDovresti provare, altrimenti che rinuncia ĆØ la tua?ā. Ma Ida potrebbe non aver pensato fino a quel momento che rinunciava, non ĆØ detto che lāavesse pensato nei termini di una rinuncia, quindi la zia le prospetta una soluzione, quella di prendere i voti, in perdita. Questa perdita per Ida, fino a quel momento, non ĆØ detto che si fosse configurata, anzi, secondo me non si era configurata affatto. Anche qui corro, corro. Succedono molte cose, scoprono i fatti di cui ci ha parlato Joseph, notiamo che Ida ritorna in convento riaccompagnata dalla zia, in quel momento di saluto lei per la prima volta ha una lacrima, forse lāavete notato. In convento, vediamo gli effetti di questo passaggio dalla zia, non ĆØ piĆ¹ quella di prima Ida, Anna, Ida, Anna.
JOSEPH WEILER:
Anna.
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
Torna in convento, nota il corpo, le fattezze della sua compagna, a tavola ride e poi non ĆØ pronta. Avrete notato anche che mentre le compagne dicono il Padre nostro lei rimane in silenzio e conclude che non ĆØ pronta. Mentre le altre prendono i voti, lei piange. DopodichĆ©, vediamo il suicidio della zia. Lei torna a casa della zia e questo ĆØ il passaggio su cui vorrei che ci fermassimo adesso brevemente. Lei ascolta la stessa musica, butta via le bottiglie, dorme nel suo letto. Poi cāĆØ il funerale: torna a casa della zia, mette le scarpe della zia, si veste con i panni della zia, fuma, beve, balla, si avvolge in questo velo. Eā una scena molto bella, il regista sui dettagli ĆØ spettacolare (notare, nei pochissimi dialoghi, i molti dettagli che vediamo). Fa tutto quello che fa la zia, dopodichĆ© cerca di nuovo lui, ĆØ lei che lo cerca, fanno lāamore: questa scena ĆØ molto espressiva perchĆ© lei non prova niente. Cosa prova? Ć connessa, ĆØ disconnessa, ĆØ riservata? Appunto, il verbo provareā¦ Lui chiede: āA che cosa stai pensando?ā. Lei risponde: āNon pensoā. Per il momento, mi fermo qui, perchĆ© poi riprenderĆ² ancora questo punto. Questo mettersi nei panni della zia e fare tutto quello che fa la zia puĆ² essere un cadere nel tranello dellāistigazione, piuttosto che fare una esperienza. Anche perchĆ© fare tutto insieme non prova niente. In questa voracitĆ , che peraltro il regista ci mostra prima, anzitutto, nella zia che mangia, poi sbatte, cāĆØ tutto insieme senza norma come ha detto un momento fa il professor Weiler. Questo sbattere contro gli avvenimenti, questa voracitĆ non ĆØ fare esperienza. Per fare esperienza, come abbiamo letto in don Giussani piĆ¹ volte – e mi ĆØ tornato in mente vedendo questo film, in particolare un passaggio de Il senso religioso che adesso non mi metto a citare perchĆ© non cāĆØ abbastanza tempo -, ci vuole il giudizio sullāesperienza, cioĆØ ci vuole che il soggetto non si tolga, non si sottragga da quellāesperienza ma che dica la sua, che prenda una posizione. Qui Ida si ferma prima, cioĆØ sospende il giudizio. Questa voracitĆ , tuttavia, che vediamo nella zia come in tanti uomini, bere, la sigaretta sempre in bocca, ĆØ una rappresentazione molto efficace di una cultura della voracitĆ che oggi va di moda. Mi ĆØ venuto in mente un libro che ha sbancato questa estate, Calendar Girl, questo romanzo erotico in cui seguiamo la protagonista in tante avventure, dodici uomini, dodici cittĆ ā¦ Ma alla fine che cosa resta, dove sta la protagonista? Dice la sua? Non dice la sua, sospende ciĆ² che ha da dire. In questa sospensione non possiamo dire che lei ha fatto davvero esperienza del mondo. Per ora mi fermo qua.
JOSEPH WEILER:
Io rimango attaccato a quella che ho chiamato lāinterpretazione classica, perĆ² ho dei sospetti. Per esempio, la zia che dice: āNon ti hanno detto niente?ā. Non volevano nascondere niente alla ragazza, sappiamo che hanno invitato la zia varie volte a incontrarla. CāĆØ il dilemma dei genitori che adottano un bambino piccolo: anche oggi ĆØ molto, molto difficile dirgli: āTu non sei veramente il nostro bambino, sei adottatoā. Eā una cosa che puĆ² suscitare crisi di identitĆ . Oggi la tendenza ĆØ raccontare la veritĆ ma non serve difendere le sorelle: non lāhanno voluto nascondere, hanno invitato la zia che rifiutava di venireā¦ Sarebbe stata veramente una scelta morale giusta dire a quella ragazza: tu sei ebrea. Ma non cāĆØ nessun contesto per capire cosa questo puĆ² significare. Condivido che lāesperienza che fa non ĆØ esperienza: la prima volta che abbiamo fatto lāamore abbiamo capito che cosāĆØ fare lāamore. Ma bere una volta un poādi vodka non significa che sappiamo che cosa sia il bere. PerĆ² rimango attaccato alla mia idea per due ragioni: prima, la musica. Vi ricordate quando il jazzista le chiede: āTi piace il jazz?ā, e lei risponde: āSƬ, mi ĆØ piaciutoā?
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
Questo lo sa dire.
JOSEPH WEILER:
Questa ĆØ unāesperienza. La seconda cosa, mi sembra che Ida abbia una maturitĆ incredibile. Pur essendo giovane, dĆ lāimpressione di una persona molto matura. Quando la zia scopre che hanno assassinato il suo bambino, Ida diventa una madre. Il modo in cui reagisce quando quellāassassino dice: āTi faccio vedere dove sono sepolteā¦ā, ĆØ una scelta matura. Allora mi domando: devo mettere la mano nel fuoco per sapere che non voglio mettere la mano nel fuoco? Oppure basta avvicinarsi, sentire il calore e dire: āVorrei starne lontanoā? Anche se non ha vissuto la vita della zia, puĆ² darsi che abbia visto abbastanza per sapere che questo fuoco non le interessa. Non vorrei metterci la mano dentro per sapere veramente che brucia. PerĆ² non sono convinto di questa interpretazione e confermo: la bellezza di questo film ĆØ lāambiguitĆ , che su questo fatto ĆØ fondamentale.
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
Posso aggiungere un dettaglio solo, perchĆ© ripercorrendo gli appunti cāera una cosa che non voglio mancare. Questa prima parte del provare. A proposito di Ida matura, io direi che Ida non ĆØ mai sprovveduta. A volte ĆØ perplessa, riservata, trattenuta, ma ĆØ arrivata fino a quel punto avendo fatto unāesperienza: unāesperienza lāha fatta e il registra ce la mostra attraverso il suo abito. Lāabito dĆ a Ida una sostanza sociale, un ruolo. Arrivata a casa della zia, viene salutata in un modo particolare. La contadina le chiede di benedire la bambina, il figlio sceglie di fare un patto con lei e dice: āDi lei mi posso fidareā. Eā unāesperienza che lei ha fatto, e che ha avuto anche un riconoscimento pubblico. Non trascurerei questo dato.
JOSEPH WEILER:
Allora, passiamo al secondo elemento fondamentale dellāinterpretazione classica: alla fine dobbiamo capire che scelta fa nel tornare al convento.
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
Esatto, io sostengo o comunque vi suggerisco di considerare anche un’altra possibilitĆ , avendo constatato che il regista lavora con i dettagli in modo pressochĆ© perfetto. Se il regista avesse voluto farci pensare che davvero Ida tornava in convento, avrebbe mostrato il convento, come ha fatto quando Ida ĆØ stata riaccompagnata in convento dalla zia. Invece non solo non arriva in convento ma, osservando con precisione quale strada percorre – vi invito ad andarlo a rivedere -, non ĆØ la strada del convento. Io sostengo che il finale ĆØ aperto. Non si sa se Ida torna in convento, non si sa, finale aperto. Che cosa abbiamo? Abbiamo due limiti: la strada e lāabito. Allora, lāabito: interpretazione classica, torna in convento. Invece io trovo che il finale sia costruito a eliminazione, ovvero il regista ha tolto gli elementi che possono farci capire dove va Ida. Dove va? Non abbiamo gli elementi per dirlo, piuttosto sappiamo da che cosa se ne va, cioĆØ Ida se ne va dai panni della zia, perchĆ© li toglie, per il momento non torna in convento, quindi anche quella soluzione ĆØ sospesa, e se ne va dalla proposta di lui che, se la ripercorriamo, suona come: abbiamo fatto lāamore, poi lui la invita ad andare al mare e poi i bambini, e poi? E poi i problemi. Verrebbe da dire āsplashā. Questo finale aperto mi ha fatto anche chiedere: cosa ci vorrebbe per Ida? Se non sappiamo dove va, sappiamo piuttosto che sta rinunciando a ciĆ² che ha incontrato, alle soluzioni che ha incontrato fino a quel momento, e non senza ragioni. Rinuncia alla zia perchĆ© lāaveva vista come una persona depravata. Dunque, non ĆØ detto che torni in convento, quindi cosa ci vuole per Ida? E qui mi ĆØ tornata in mente la parabola del samaritano. Ho pensato: ci vorrebbe un samaritano. Da notare che nella parabola del samaritano – e qui riprendo una lettura di questa parabola di Giacomo Contri, pubblicata sulla rubrica che Contri ha tenuto su Tracce per tanti anni – cāĆØ il malmenato, passano i tre, i primi due non si fermano, erano uomini di legge, passa il terzo, il samaritano e si ferma, si prende cura del malmenato, lascia i soldi allāalbergatore e gli dice che se spende di piĆ¹, poi torna e gli dĆ anche il resto. GesĆ¹ chiede chi ĆØ stato il prossimo, non il prossimo per il samaritano ma il prossimo del malmenato: il prossimo del malmenato ĆØ stato lāinterveniente, ĆØ stato lāofferente, ĆØ stato lāassistente. Quindi GesĆ¹ ci invita a notare che ĆØ prossimo colui di cui si puĆ² dire che ci vorrebbe un investitore su Ida, qualcuno che la convincesse a prendere una partnership, ci vorrebbe un amico del suo pensiero, un amico della elaborazione che fa di tutto quello che le ĆØ capitato, che ha capito e che ha scoperto.
JOSEPH WEILER:
Allora, anche qui, secondo me Maria Gabriella ĆØ molto convincente sul fatto che non si fa entrare Ida nel convento, non si vede neanche il convento: e siamo dāaccordo, allora lascia aperto il finale. Ma lascia aperto significa che ĆØ un invito per noi a decidere, perchĆ© decido io chi torna. La storia della strada non mi convince perchĆ© siamo dāaccordo, non rimane nella cittĆ , non torna al ragazzo e sta andando a piedi in campagna, perchĆ© sappiamo che il convento ĆØ fuori cittĆ . Questo fa parte dellāinvito della regista a decidere allora cosa faccia. Qui abbiamo sensibilitĆ diverse: dal momento che ha messo lāabito, ha rinunciato alla sua identitĆ ebrea, senza alcun dubbio, ha messo lāabito perchĆ© la zia rappresentava due cose, un altro tipo di vita – lascia stare questi voti, vivi la vita come bisogna viverla – e, la seconda, sei ebrea, questa ĆØ la tua vera identitĆ . Secondo me ha rinunciato alla sua ereditĆ , alla sua identitĆ ebrea, a questo punto, in questo rifiuto dellāidentitĆ ebrea, conferma lāaltra identitĆ , la sola che conosce, quella che ha nel convento. Deve essere cosƬ, penso: se ha scelto di tornare al convento non si sa, dobbiamo deciderlo noi.
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
Allora, io intanto mi sono chiesta subito perchĆ© ti piace questo film e in particolare questa personalitĆ di Vanda: tu hai detto che rappresenta per Ida la donna ebrea, cosƬ inquieta. Che figura ĆØ?
JOSEPH WEILER:
Il film mi piace e secondo me non occorre spendere troppe parole, ĆØ un film splendido da tutti i punti di vista: gli attori, il tema, ecc, Quando siamo giovani, siamo molto decisionisti, il mondo ĆØ piĆ¹ bianco e nero, diamo giudizi. PiĆ¹ sāinvecchia, piĆ¹ si vede il mondo grigio, con lāambiguitĆ morale, lāambiguitĆ identitaria, ecc. E non conosco film che mostri meglio questa ambiguitĆ di giudizio, di identitĆ , di interpretazione ad esempio della storia polacca. Dāaltra parte, il padre era nobile. E ci sono piĆ¹ polacchi nominati come giusti rispetto alla gente di qualsiasi altro Paese. Mi piace un film che non ci dĆ risposte facili. Penso che per il popolo del Meeting sia un film giusto, perchĆ© ha questa sfida, lāattrazione, lāaffermazione, interpretazione classica.
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
E Vanda?
JOSEPH WEILER:
Vanda: sarebbe facile disprezzarla. Il cineasta ĆØ molto sottile, superficialmente si puĆ² dire che questo ĆØ un film filo-ebreo, fa vedere la sofferenza, ecc. Ma anche lƬ ha fatto una scelta molto ambigua: la sola ebrea che si vede ĆØ una persona molto negativa. Se questa ĆØ unāebrea, non so se avrei voluto essere un ebreo. Ha scelto come rappresentante degli ebrei una persona crudele, tu hai usato la parola ādepravataā, vero? Ha scelto come ebreo una persona depravata, e io invece ho molta simpatia per Vanda, perchĆ© non ha rinunciato alla sua identitĆ ebrea, non la nasconde. Capisco la sua amarezza e quel suicidio, che non puĆ² non provocare una tenerezza incredibile. Eā una persona che in un certo modo ha capito che la sua vita non soltanto ĆØ vuota. Vi ricordate il momento di tenerezza incredibile in cui dice: non ho mai veramente conosciuto mio figlio, lāho abbandonato? Per me, Vanda ĆØ una persona complessa che, a prescindere dalla sua depravazione, come ha detto tu, mi provoca una simpatia, unāempatia profonda.
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
SarĆ che io sono meno tenera ma sono dāaccordo sul fatto che il regista ha voluto costruire, tratteggiare questo personaggio complesso. Tuttavia notiamo che nella sua condotta, in cui prende tutto subito, vorace, di fretta, una sigaretta dietro lāaltra, anche lei ha rinunciato alla soddisfazione fino al suicidio, fino a togliersi anche la possibilitĆ di una qualsiasi redenzione.
JOSEPH WEILER:
Ma tu sei pronta a gettare la prima pietra?
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
No, non la getterei perchĆ© sono dāaccordo con GesĆ¹.
JOSEPH WEILER:
Si puĆ² condannare, dopo che ha vissuto quello che ha vissuto, chi vuole vivere la vita in modo vorace? No.
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
Si puĆ² riconoscere che nel suicidio lei ha fatto un omicidio verso tanti rivolto a se stessa. Ce lāaveva con tanti e ha rivolto questo odio contro se stessa.
JOSEPH WEILER:
Si, ĆØ proprio cosƬ, ma io sono meno moralista di te.
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
Dove lo vedi, il moralismo? Ć una lettura, abbiamo letto.
JOSEPH WEILER:
Vuoi chiedermi altro?
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
Abbiamo visto il film insieme e tu sei rimasto molto ammirato della posizione della Madre Superiora. Allora mi chiedevo come mai ti ha suscitato questa ammirazione e se nellāebraismo esiste qualcosa di simile.
JOSEPH WEILER:
Devo riflettere, tra le persone nobili, qualche ebreo cāĆØ, ma la mia ammirazione quasi totale va a questa cosa del santo che non si capisce. Ho unāesperienza: quando Wojtyla visitĆ² la Terra Santa, ero lƬ con i miei bambini, ho forzato tutti e cinque a vedere ogni passo del suo pellegrinaggio. Primo, perchĆ© ĆØ una cosa storica: āFra 20 anni potrete dire eravamo lƬ quando Wojtyla visitĆ² la Terra Santa. E se un giorno vi chiedete che cosa ĆØ questa cosa dei santi di cui parlano i cattolici, avete un esempio, se cāĆØ un umano che ĆØ santo ĆØ lui. Ho sentito questo anche nella Madre Superiora. Nella sua delicatezza, nella sua fermezza, nel suo dirle che deve andare via prima di prendere i voti, ho sentito qualcosa di nobile. Ci sarebbe stata una via molto piĆ¹ facile per lei e piĆ¹ facile per Anna Ida, ma mia figlia si chiama Anna, mia nonna Anna ĆØ polacca e mio padre ĆØ nato in Polonia e cresciuto in Grecia.
MARIA GABRIELLA PEDICONI:
Come la nonna di GesĆ¹.
JOSEPH WEILER:
Volete sapere una storia personale che fa ridere? Mio nonno, padre di mio padre, era di Riga. Andava in Polonia a Zamosc, una cittĆ nel Sud Est della Polonia dove cāera il seminario ebreo piĆ¹ famoso del mondo, con il rabbino piĆ¹ famoso del mondo. Mio nonno finisce per sposare la figlia di questo famosissimo e importantissimo rabbino, una cosa impensabile. Sua figlia poteva sposare due persone, un genio – e mio nonno non era per nulla genio – o uno molto ricco, e mio nonno non era per nulla ricco. Ci sono anche ebrei che non sono ricchi, dai, ĆØ una battuta. Allora, come si spiega che si sono sposati? CāĆØ solo unāipotesi, lāha messa incinta. La storia non finisce qui perchĆ©, venendo da Riga, in quellāepoca cāerano le zone dove gli ebrei dovevano vivere. Se non nascevano lƬ, non potevano viverci. Con un bambino, dovevano immediatamente tornare a Riga se no non avrebbero fatto entrare mio padre. Sono tornati a Riga e hanno fatto finta che fosse nato lƬ: in quellāepoca tanti ragazzi nascevano a casa, poi si andava a registrarli. āQuesto MosĆØ ĆØ nato qui a Rigaā dissero. Ma non finisce qui: quando morƬ mio padre, sulla sua tomba scrivemmo: nato a Riga 1907, morto a Gerusalemme 2000. Lo zio di mio padre, che aveva piĆ¹ o meno la stessa etĆ , disse: āMa come, ĆØ nato a Riga, lui ĆØ nato a Zamosc!ā. Mio padre non sapeva di essere nato a Zamosc perchĆ© i suoi genitori non glielo avevano mai detto: temevano che a scuola avrebbe detto di essere polacco. CosƬ ĆØ finita la storia. Pur essendo nato in Polonia, polacco di Zamosc, ha vissuto tutta la sua vita pensando di esser nato a Riga. Spero che siate dāaccordo con me, valeva la pena dire ad Emilia di fare questo film. Ne sceglieremo un altro bello anche per lāanno prossimo.